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i930_I932: (miscellanea) 765 ne...» Il Martini annota: «Non osai dirlo, ma pensai: E scusate se è poco! » Mi pare che il Crispi e il Martini seguano due ordini diversi di pensieri. Il Crispi intende riferirsi agli elementi attivi, ai «creatori» del movimento nazionale rivoluzione, cioè ai politici propriamente detti. Pertanto la diplomazia è per lui attività subalterna e subordinata: il diplomatico non crea nuovi nessi storici, ma lavora a far sanzionare quelli che il politico ha creato: Talleyrand non può essere paragonato con Napoleone. In realtà il Crispi ha torto, ma non per ciò che il Martini crede. Il Cavour non fu solo un diplomatico, ma anzi essenzialmente un politico «creatore», solo che il suo modo di «creare» non era da rivoluzionario, ma da | conservatore: e in ultima analisi non il programma di Mazzini e di Garibaldi, ma quello di Cavour trionfò. Né si capisce come il Crispi ponga accanto Vittorio Emanuele a Mazzini e Garibaldi; Vittorio Emanuele sta con Cavour ed è attraverso Vittorio Emanuele che Cavour domina Garibaldi e anche Mazzini. È certo che Crispi non avrebbe potuto riconoscere giusta questa analisi per «l’affetto che l’intelletto lega»; la sua passione settaria era ancor viva, come rimase viva sempre in lui, pur nelle mutazioni radicali delle sue posizioni politiche. D’altronde neanche il Martini avrebbe mai ammesso (almeno in pubblico) che Cavour sia stato essenzialmente un «pompiere», o si potrebbe dire «un termidoriano preventivo » poiché né in Mazzini né in Garibaldi né in stesso c’era la stoffa dei giacobini del Comitato di Salute Pubblica. Come ho notato altrove Crispi era un temperamento giacobino, non un «giacobino politico-economico», cioè non aveva un programma il cui contenuto potesse essere paragonato a quello dei giacobini e neppure la loro feroce intransigenza. D’altronde: c’erano in Italia alcune delle condizioni necessarie per un movimento come quello dei giacobini francesi? La Francia da molti secoli era una nazione egemonica: la sua autonomia internazionale era molto ampia. Per l’Italia niente di simile: essa non aveva nessuna autonomia internazionale. In tali speciali condizioni si capisce che la diplomazia fosse concretamente superiore alla politica creativa, fosse la «sola politica creativa». Il problema