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1372 QUADERNO II (xVIIl) forma Sociale» (vedere)1. Un capitolo del libro del Cic- cotti (forse l'introduzione generale) è stato pubblicato nella «Rivista d’Italia» del 15 giugno-13 luglio 1927: «Elementi di "verità” e di "certezza” nella tradizione storica romana» e solo a questo capitolo qui si accenna2. il Ciccotti esamina e combatte una serie di deformazio: gssionalj dellà~sforiografia romana e molte sue osservazioni sono giuste negativamente: è per le affermazioni positi- ve__che sussistono cfubbi e sono necessarie molte "cau La recensione uggiero è molto superficiale: egli giustifica il metodo «analogico» del Ciccotti come un riconoscimento dell’identità fondamentale dello spirito umano, ma così si va molto lontano, fino alla giustificazione dell'evoluzionismo volgare e delle leggi sociologiche astratte, che anch’esse, a loro modo, si fondano, con un linguaggio particolare, sull’ipotesi dell’identità fondamentale dello spirito umano. Uno degli errori teorici più gravi del Ciccotti pare con- ‘ _ta nell’interpretazione sbagliata del principio vichiano il «certo si converte nel vero». La~storia non può essere che certezza (uhi PapiJiu'ssimazione della ricerca della «cer- rossimazione tezza»). La conversione del «certo» nel «vero» può dar luogo a costruzioni filosofiche (della cosi detta storia eterna) che non hanno che poco in comune con la storia «effettuale»: ma la storia deve essere «effettuale» e non romanzata: la sua certezza deve essere prima di tutto certezza dei documenti storici (anche se la storia non si esaurisce tutta nei documenti storici, la cui nozione d’altronde è talmente complessa ed estesa, da poter dare luogo a concetti sempre nuovi sia di certezza che di verità). La parte sofistica del to chiara là do afferma che la storia è dramma, perché ciò non vuol dire chi resentazione drammatica anche se viva, artisticamente per- ecc. Il sofisma del Ciccotti porta a cessivoaÜâ belletristica storica come reazione all’erudizione pedantesca e petulante: dalle piccole «congetture» filologiche si passa alle «grandiose» congetture sociologiche, con poco guadagno per la storiografia.