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I932: note sul risorgimento italiano 1179 è una sciocchezza). Come il Missìroli stesso scrive: « Il socialismo non solo non ringagliardì la passione politica, ma aiutò potentemente ad estinguerla; fu il partito dei poveri e delle plebi affamate: le quistioni economiche dovevano prendere rapidamente il sopravvento, i prin- cipii politici cedere il campo agli interessi materiali»; veniva creata « una remora, lanciando le masse alle conquiste economiche ed evitando tutte le quistioni istituzionali». Cioè il socialismo fece l’errore (alla rovescia) della famosa minoranza: questa parlava solo di idee astratte e di istituzioni politiche, quello trascurò la politica per la mera economia. In realtà il Missiroli è solo quello che si chiama uno scrittore brillante: si ha l’impressione che egli si infischi delle sue idee, dell’Italia, e di tutto: J lo interessa solo il gioco momentaneo di alcuni concetti 86 bis astratti e lo interessa di cadere sempre in piedi con una nuova coccarda in petto. Cfr Quaderno 19 (x), pp. 39*42* /T(112). L’industria italiana. Nel fare l’analisi della relazione (itila Banca Commerciale Italiana all’assemblea sociale per l’esercizio 1931» Attilio Cabiati («Riforma Sociale», luglio-agosto 1932, \ p. 464) scrive: «Risalta da queste considerazioni il vizio fondamentale che ha sempre afflitto la vita economica italiana: la creazione e il mantenimento di una impalcatura industriale troppo superiore sia alla rapidità di formazione di risparmio nel paese, che alla capacità di assorbimento dei consumatori interni; vivente quindi per una parte cospicua solo per la forza del protezionismo e di aiuti statali di svariate forme. Ma il patrio protezionismo, che in taluni casi raggiunge e supera il cento per cento del valore internazionale del prodotto, rincarando la vita rallentava a sua volta la formazione del risparmio, che per di più veniva conteso all’industria dallo Stato stesso, spesso stretto dai suoi bisogni, sproporzionati alla nostra impalcatura. La guerra, allargando oltre misura tale impalcatura, costrinse le nostre banche, come scrive la relazione precitata, "ad una politica di tesoreria coraggiosa e pertinace”, la quale consisté nel prendere a prestito "a rotazione” all’estero, per prestare a più lunga scadenza all’interno. "Una tale politica di tesoreria aveva però - dice la relazione - il suo limite naturale nella necessità per le banche di conservare ad ogni costo congrue riserve di investimenti liquidi o di facile realizzo”. Quando scoppiò la crisi mondiale, gli "investimenti liquidi” non si potevano realizzare se non ad uno sconto formidabile: il risparmio estero arrestò il suo flusso: le industrie nazionali non poterono ripagare. Sicché, exceptis excipiendisy il sistema bancario italiano si trovò in una situazione per più aspetti identica a quella del mercato finanziario inglese nella metà del 1931. ... (l’errore) antico consisteva nell’aver voluto dare vita ad un organismo industriale sproporzionato alle nostre forze, creato con lo scopo di renderci "indipendenti dall’estero”: senza riflettere che, a mano | a mano che non "di- 87