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i930-I932: (miscellanea) 697 § (16). I nipotini del padre Bresciani. La cultura nazionale italiana. Nella Lettera a Umberto Fracchia sulla critica di Ugo Ojetti («Pègaso», agosto 1930)1 sono due osservazioni notevoli: 1) Ricorda ì’Ojetti che il Thibaudet divide la critica in tre classi*, quella dei critici di professione, quella degli stessi autori, e quella « des honnêtes gens », cioè del pubblico, che alla fine è la vera Borsa dei valori letterari, visto che in Francia esiste un pubblico largo ed attento a seguire tutte le vicende della letteratura. In Italia manca appunto la critica del pubblico, « manca la persuasione o, se si vuole, l’illusione che questi (lo scrittore) compia opera d’importanza nazionale, | anzi, 7 bis i migliori, storica, perché, come ella (il Fracchia) dice, "ogni anno e ogni giorno che passa ha ugualmente la sua letteratura, e cosi è sempre stato, e così sarà sempre, ed è assurdo aspettare o pronosticare o invocare per domani ciò che oggi è. Ogni secolo, ogni porzione di secolo, ha sempre esaltato le proprie opere; è anzi stato portato se mai ad esagerarne l’importanza, la grandezza, il valore e la durata”. Giusto, ma non in Italia ecc. » (Il Fracchia scrisse un articolo dopo un discorso di Gioachino Volpe alla seduta dell’Accademia in cui furono distribuiti dei premi: il Volpe aveva detto: «Non si vedono spuntare grandi opere pittoriche, grandi opere storiche, grandi romanzi. Ma chi guarda attentamente, vede nella presente letteratura forze latenti, aneliti all’ascesa, alcune buone e promettenti realizzazioni». Di questo discorso del Volpe darò le indicazioni precise in altra nota più oltre2). 2) L’altra osservazione notevole dell’Ojetti è questa: «La scarsa popolarità della nostra letteratura passata, cioè dei nostri classici. È vero: nella critica inglese e francese si leggono spesso paragoni tra gli autori viventi e i classici, ecc. ecc. ». Questa osservazione è fondamentale per un giudizio storico sulla presente cultura italiana; il passato non è vivente nel presente, non è un elemento essenziale del presente, cioè nella storia della cultura nazionale non c’è continuità e unità. L’afïermazione di questa continuità ed unità è un’affermazione retorica o ha un valore di propaganda, è un atto pratico, in quanto la si vuol creare artificialmente, ma non è una realtà in atto. Il passato, la letteratura compresa, è visto come elemento di cultura scolastica, non come elemento di vita: ciò che poi significa che il sentimento nazionale è recente, se addirittura non si vuol dire che esso è in via di formazione, in quanto la letteratura in Italia non è mai stato un fatto nazionale, ma di carattere «cosmopolitico». Cfr Quaderno 23 (vi), pp. 72*73. §(17). Letteratura popolare. Il romanzo poliziesco. Cfr Aldo Sorani Conan Doyle e la \ fortuna del romanzo poliziesco, nel « Pèga- 8 so» dell’agosto 1930!. Molto interessante per questo genere di lette- 698 QUAD