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i930*i932: APPUNTI DI FIL0S0FIA 11 857 ristica di «inconoscibilità» del reale, molto più grave che non sia nelle scienze naturali, in cui l’affermazione di «non conoscere» è un criterio di prudenza metodica e non affermazione di carattere filosofico. L’azione politica tende appunto a far uscire le grandi moltitudini dalla passività, cioè a distruggere la «legge» dei grandi numeri; come allora questa può essere ritenuta una «legge»? Anche in questo campo si può vedere lo sconvolgimento che nell’arte politica porta la sostituzione nella funzione direttiva dell’organismo collettivo all’individuo singolo, al capo individuale: i sentimenti standardizzati delle grandi masse che il « singolo » conosce come espressione della | legge dei grandi numeri, cioè razionalmente, intellettualmente, e che egli - se è un grande capo - traduce in idee-forza, in parole-forza, dall’organismo collettivo sono conosciuti per «compartecipazione», per «con-passionalità» e se l’organismo collettivo è innestato vitalmente nelle masse, conosce per esperienza dei particolari immediati, con un sistema di «filologia» vivente, per cosi dire. Mi pare che il libro del De Man 2, se ha un suo valore, lo ha appunto in questo senso: che incita a «informarsi» particolarmente dei « sentimenti » dei gruppi e degli individui e a non accontentarsi delle leggi dei grandi numeri. Il De Man non ha fatto nessuna scoperta nuova, né ha trovato un principio originale che possa superare il materialismo storico o dimostrarlo scientificamente errato o infecondo: ha elevato a « principio» scientifico ciò che è solo un criterio già noto ma insufficientemente definito e sviluppato, o almeno non ancora sistematicamente definito e sviluppato nella sua teoria e nella sua portata scientifica. Il De Man non ha neanche compreso l’importanza del suo criterio, poiché ha creato una nuova legge dei «grandi numeri » inconsapevolmente, un nuovo metodo statistico e classificatorio, una nuova sociologia astratta. Cfr Quaderno 11 (xvm), pp. 38bis - 39bis. « § (7). La metafora dell'ostetrica e quella di Michelangelo. La metafora deirostetrica che aiuta, coi ferri, il neonato a nascere dall’alvo materno e il principio espresso da Michelangelo nei versi: «Non ha l’ottimo artista alcun concetto - che un marmo solo in sé non circoscriva - col suo soverchio e solo a quello arriva — la mano che obbedisce all’intelletto» \ Togliere il soverchio di marmo che nasconde la figura concepita dall’artista a gran colpi di martello sul blocco corrisponde all’operazione deirostetrica che trae alla luce il neonato squarciando il seno materno.