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92 | quaderno i (xvi) |
Cfr Quaderno 22 (v), p. 22-23.
§ ⟨93⟩ 67 bisI nipotini di padre Bresciani. Tommaso Gallarati Scotti, Storie dell’Amor Sacro e dell’Amor Profano. Ricordare la novella in cui si parla del falso corpo della santa portato dall’Oriente dai Crociati e le considerazioni sbalorditive dello Scotti. Dopo il frate Cipolla del Boccaccio... (Ricordare La reliquia di Eça de Queiroz tradotto dal L. Siciliani in una collezione di Rocco Carabba diretto dal Borgese: in essa è un riflesso della novella del Boccaccio). I bollandisti sono rispettabili, perché almeno hanno estirpato qualche radice di superstizione (sebbene le loro ricerche rimangano chiuse in un cerchio molto ristretto e servano più che altro per gli intellettuali, per far vedere agli intellettuali che il cattolicismo combatte le superstizioni) ma l’estetismo folkloristico dello Scotti è rivoltante. Ricordare il dialogo riportato da W. Steed tra un protestante e un Cardinale a proposito di san Gennaro e la nota di Croce su una sua conversazione con un prete napoletano su san Gennaro a proposito di una lettera di Sorel. La figura dello Scotti entra di scorcio fra i nipotini di padre Bresciani. Come appendice o complemento parallelo.
Cfr Quaderno 23 (vi), p. 27-28.
§ ⟨94⟩ Proudhon, Jahier e Raimondi. Nell’«Italia Letteraria» del 21 luglio 1929 Giuseppe Raimondi scrive: «... mi parla di Proudhon, della sua grandezza e della sua modestia, dell’influenza che le sue idee hanno esercitato nel mondo moderno, dell’importanza che queste idee hanno assunto in un mondo retto dal lavoro socialmente organizzato, in un mondo dove la coscienza degli uomini si va sempre più evolvendo e perfezionando in nome del lavoro e dei suoi interessi. Proudhon ha fatto un mito, umano e vivente, di questi poveri interessi. In me l’ammirazione per Proudhon è piuttosto sentimentale, d’istinto, come un affetto e un rispetto che io ho ereditato, che mi sono stati trasmessi nascendo. In Jahier è tutta d’intelletto, derivata dallo studio, perciò profondissima». Questo Raimondi è un discreto poseur con la ❘68 sua «ammirazione ereditata». Più oltre noterò un brano di un altro suo articolo, che fa spiccare ancor di più questa posa.
Cfr Quaderno 23 (vi), p. 48-49.
§ ⟨95⟩ Adriano Tilgher, Homo faber. Storia del concetto del lavoro nella civiltà occidentale, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, 1929, L. 15.
Cfr Quaderno 25 (xxiii), p. 16.