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88 quaderno i (xvi)

§ ⟨85⟩ Giuseppe Solitro, Due famigerati gazzettieri dell’Austria (Luigi Mazzoldi, Pietro Perego), Padova, Draghi, 1927, L. 15. (Nella recensione pubblicata dalla «Fiera Letteraria» del 16 dicembre 1928, Guido Zadei scrive di possedere del materiale inedito e non sfruttato sul Mazzoldi e di una curiosa polemica in cui Filippo Ugoni accusa il Mazzoldi di propaganda comunista).

Cfr Quaderno 19 (x}), p. 121.


§ ⟨86⟩ Giovanni Crocioni, Problemi fondamentali del Folklore, Bologna, Zanichelli, 1928.

Cfr Quaderno 27 (xi), p. 1.


§ ⟨87⟩65Gentile e la filosofia della politica italiana. Articolo di Gentile pubblicato dallo «Spectator» del 3 novembre 1928 e ristampato su «Educazione fascista». «Filosofia che non si pensa, ma che si fa, e perciò si enuncia ed afferma non con le formule ma con l’azione»*. Ogni Stato ha «due» filosofie: quella che si enuncia per formule ed è una semplice arte di governo, e quella che si afferma con l’azione ed è la filosofia reale, cioè la storia. Il problema è di vedere in che misura queste due filosofie coincidono o divergono. La formula gentiliana in realtà non è che la camuffatura sofistica della «filosofia politica» più nota col nome di opportunismo ed empirismo. Se Bouvard e Pécuchet avessero conosciuto Gentile, avrebbero trovato nella sua filosofia la giusta interpretazione della loro attività rinnovatrice e rivoluzionaria (nel senso non corrotto della parola, come oggi si dice).

Cfr Quaderno 13 (xxx), p. 302.


§ ⟨88⟩ Gioberti. Nella prefazione alle Letture del Risorgimento, il Carducci scrive: «Staccatosi dalla Giovane Italia nel 1834 tornò a quello che il Santarosa voleva e chiamava cospirazione letteraria ed egli la fece con certa sua filosofia battagliera, che molto alta portava la tradizione italiana, finché uscì nell’agone col Primato e predicando la lega dei principi riformatori, capo il pontefice, attrasse le anime timorose e gli ingegni timorosi, attrasse e rapì il giovane clero, che alla sua volta traevasi dietro il popolo credente anche della campagna». Altrove il Carducci scrive: «... l’abate italiano riformista e mezzo giacobino col Parini, soprannuotato col Cesarotti e col Barbieri alla Rivoluzione, che s’era fatto col Di Breme banditore di romanticismo e soffiatore nel carbonarismo del 21, che aveva intinto col Gioberti nelle cospirazioni e bandito il Primato d’Italia e il Rinnovamento,