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86 | quaderno i (xvi) |
quella meccanica staticità in cui il pensiero chiude il perenne fluire della vita e della coscienza.
Affermando il principio dell’eterno fluire e l’origine pratica di ogni sistema concettuale, anche le verità supreme (!) correvano rischio di dissolversi; e qui, in questa fatale tendenza è il limite (!) del Bergsonismo. (Estratti da un articolo di Balbino Giuliano riassunto dalla «Fiera Letteraria» del 25 novembre 1928)*.
§ ⟨79⟩. Italo Chittaro, La capacità di comando, Casa Ed. De Alberti, Roma. Da una recensione di V. Varanini nella «Fiera Letteraria» del 4 novembre 1928, appare che in questo libro sono contenuti spunti molto interessanti. Necessità degli studi storici per la prepara❘64zione professionale degli ufficiali. Per comandare non basta il semplice buon senso: questo, se mai, è frutto di profondo sapere e di lungo esercizio. La capacità di comando è specialmente importante per la fanteria: se altrove si diventa specialisti di compiti particolari, nella fanteria si diventa specialisti nel comando, cioè del compito d’insieme: quindi necessità che tutti gli ufficiali destinati a gradi elevati abbiano tenuto comandi di fanteria. Infine considera la necessità della formazione di uno Stato Maggiore numeroso, valido, popolare alle truppe*. — Libro da leggere.
Cfr Quaderno 13 (xxx), pp 30-30a.
§ ⟨80⟩. Il pubblico e la letteratura italiana. «Per una ragione o per l’altra si può dire che gli scrittori italiani non abbiano più pubblico. ⟨...⟩ Un pubblico infatti vuol dire un insieme di persone, non soltanto che compra dei libri, ma soprattutto che ammira degli uomini. Una letteratura non può fiorire che in un clima d’ammirazione e l’ammirazione non è come si potrebbe credere, il compenso, ma lo stimolo del lavoro. ⟨...⟩ Il pubblico che ammira, che ammira davvero, di cuore, con gioia, il pubblico che ha la felicità di ammirare (niente è più deleterio dell’ammirazione convenzionale) è il più grande animatore di una letteratura. Da molti segni si capisce ahimè che il pubblico sta abbandonando gli scrittori italiani». Leo Ferrero nel «Lavoro» («Fiera Letteraria» del 28 ottobre 1928)*.
L’ammirazione sarebbe la forma del contatto tra la nazione e i suoi scrittori. Oggi manca questo contatto, cioè la letteratura non è nazionale, perché non è popolare. Paradosso del tempo attuale. E non c’è gerarchia nella letteratura cioè manca ogni personalità eminente. Quistione del perché e di come una letteratura sia popolare. La «bellezza» non basta: ci vuole un contenuto «umano e morale» che sia l’espressione elaborata e compiuta delle aspirazioni del pubblico.}}