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644 QUADERNO 5 (ix) mando entro alle forme della filosofia antica» (rientrata, si noti, nel circolo della civiltà europea, non per il «ribùlica- re» dei fermenti profondi della storia, ma perché introdottavi dagli arabi e dagli ebrei) «le verità intuite dal Cristianesimo ». L’Architettura romanica. Il Rossi ha molta ragione di affermare che tutte queste manifestazioni dal 1000 al 1300 non sono frutto di artificiosa volontà imitatrice, ma spontanea manifestazione d’una energia creativa, che scaturisce dal profondo e mette quegli uomini in grado di sentire e di rivivere l’antichità. Questa ultima proposizione è però erronea, perché quegli uomini, in realtà, si mettono in grado di [sentire e] vivere intensamente il presente, mentre successivamente si forma uno strato di intellettuali che sente e rivive l’antichità e che si allontana sempre più dalla vita popolare, perché la borghesia [in Italia] decade o si degrada fino a tutto il Settecento. È ancora strano che il Rossi non s’accorga delle contraddizioni in cui cade affermando: «Tuttavia se per Rinascimento senza complementi s’ha ad intendere, come a me non par dubbio, tutto il multiforme prorompere dell’attività umana nei secoli dalPxi al xvi, indizio fra tutti cospicuo del 57 bis Rinascimento | vuol essere considerato, non il rifiorire della cultura latina, ma il sorgere della letteratura in lingua volgare, da cui acquista rilievo uno dei più notevoli prodotti di quella energia, lo scindersi dell’unità medioevale in differenziate entità nazionali». Il Rossi ha una concezione realistica e storicistica del Rinascimento, ma non sa abbandonare completamente la vecchia concezione retorica e letteraria: ecco l’origine delle sue contraddizioni e della sua acri- bria: il sorgere del volgare segna un distacco dall’antichità, ed è da spiegare come a questo fenomeno si accompagni una rinascita del latino letterario. Giustamente dice il Rossi che «l’uso che un popolo faccia d’una piuttosto che d’un’altra lingua per disinteressati fini intellettuali, non è capriccio di individui o di collettività, ma è spontaneità di una peculiare vita interiore, balzante nell’unica forma che le sia propria», cioè che ogni lingua è una concezione del mondo integrale, e non solo un vestito che faccia indifferentemente da forma 1930-