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1929-1930: primo quaderno | 47 |
telli Scarfoglio, la loro venalità (ricordare che Maria Sofia cercava sempre d’intervenire nella politica interna italiana per spirito di vendetta se non con la speranza di restaurare il regno di Napoli: ricordare il trafiletto di Salvemini nell’«Unità» del 14 o 15 contro Malatesta per i fatti del giugno 1914 che si insinuava potessero essere stati patrocinati dallo Stato Maggiore austriaco per il tramite di Zita di Borbone* e l’episodio ricordato da Benedetto Croce in Uomini e cose della vecchia Italia sui legami tra Malatesta e Maria Sofia per far evadere un anarchico che aveva fatto un attentato e sul passo diplomatico fatto dal governo italiano presso il governo francese per queste attività di Maria Sofia*: — ricordare gli aneddoti della signora ⟨...⟩1 che nel 1919 frequentò Maria Sofia per farle (il ritratto)2), il loro dilettantismo politico e ideologico, ma occorre pur ricordare ché il «Mattino» era il giornale più diffuso del Mezzogiorno e che i fratelli Scarfoglio erano dei giornalisti nati, cioè possedevano quell’intuizione rapida e «simpatica» delle correnti passionali popolari che rende possibile la diffusione della stampa gialla.
Un altro elemento per saggiare la portata reale della politica «unitaria ossessionata» di Crispi è il complesso di sentimenti creatosi nel settentrione per riguardo al mezzogiorno. La «miseria» del Mezzogiorno era inspiegabile «storicamente» per le masse popolari del Nord: queste non capivano che l’unità non era stata creata su una base di eguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Sud nel rapporto territoriale città-campagna, cioè che il Nord era una «piovra» che si arricchiva alle spese del Sud, che l’incremento industriale era dipendente dall’impoverimento dell’agricoltura meridionale. Esse invece pensavano ❘36 che se il Mezzogiorno non progrediva dopo essere stato liberato dagli impacci che allo sviluppo moderno opponeva il borbonismo, ciò significava che le cause della miseria non erano esterne ma interne; poiché d’altronde era radicata la persuasione della grande ricchezza naturale del terreno, non rimaneva che una spiegazione, l’incapacità organica degli uomini, la loro barbarie, la loro inferiorità biologica. Queste opinioni già diffuse (il lazzaronismo napoletano era una leggenda di vecchia data) furoino consolidate e teorizzate addirittura dai sociologhi del positivismosmo (Niceforo, Ferri, Paolo Orano ecc.) assumendo la forza delle «verità scientifiche» in un tempo di superstizione della scienza*. Si ebbe così una polemica Nord-Sud sulle razze e sulle superiorità e inferiorità del Settentrione e del Mezzogiorno (libri di Colajanni in difesa del Mezzogiorno e collezione della «Rivista Popolare»,*). Intanto rimase nel Nord la credenza della «palla di piombo» che il Mezzogiorno rappresenterebbe per l’Italia, la persuasione dei più grandi progressi che la civiltà moderna industriale del Nord avrebbe fatto senza questa «palla di piombo» ecc. ecc. Nei principi del secolo c’è una forte reazione meridionale anche su questo terreno. Congresso Sardo del 1911 sotto la presidenza del genera-