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44 | quaderno i (xvi) |
pazioni del tempo: nelle scritture militari del Machiavelli è vista abbastanza bene la necessità di legarsi i contadini per avere una milizia nazionale che elimini le compagnie di ventura*.
Pisacane, credo, deve proprio essere legato a questa corrente del Machiavelli; anche per Pisacane il problema delle soddisfazioni da dare alle rivendicazioni popolari è visto prevalentemente dal punto vista militare. A proposito di Pisacane deve essere analizzata la contraddizione della sua concezione militare: il Pisacane, principe napoletano, era riuscito a impossessarsi di alcune concezioni militari derivate dall’esperienza della rivoluzione francese e delle campagne di Napoleone, e che a Napoli furono trapiantate durante i regni di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, ma specialmente per l’esperienza viva degli ufficiali napoletani che avevano militato con Napoleone (vedi in «Nuova Antologia» nella commemorazione di Cadorna l’importanza che ha avuto questa esperienza ❘33 militare napoletana, attraverso il Pianell, nell’organizzazione del nuovo esercito italiano)*: egli cioè comprese che senza una politica democratica non si possono avere eserciti nazionali a coscrizione obbligatoria; ma è inspiegabile la sua avversione contro la strategia di Garibaldi e la sua diffidenza di Garibaldi; egli ha verso Garibaldi la stessa attitudine sprezzante che avevano i vecchi stati maggiori contro Napoleone.
L’individualità che più occorre studiare per questi problemi del Risorgimento è Giuseppe Ferrari, non tanto nelle sue opere così dette maggiori, veri zibaldoni farraginosi e confusi, quanto nei suoi opuscoli d'occasione e nelle sue lettere*. Però il Ferrari era in gran parte fuori della realtà concreta italiana; egli si era troppo francesizzato. Certe volte sembra più acuto di quanto realmente fosse, solo perché adattava all’Italia gli schemi francesi, i quali rappresentavano una situazione ben più avanzata di quella italiana. Il Ferrari, si può dire, si trovava, nei rapporti con l’Italia, nella posizione di un «postero»: era, in un certo senso, il suo, un «senno del poi». Il politico invece deve essere un realizzatore «effettuale e attuale», egli non riusciva a costruire l’anello tra la situazione italiana e quella francese più avanzata, ma era proprio quest’anello che importava saldare per passare a quello successivo*. Il Ferrari non seppe tradurre il «francese» in «italiano», perciò la sua acutezza stessa diventava un inciampo, creava nuove sette e scolette, ma non incideva nel movimento reale.
Per molti aspetti appare che la differenza tra molti uomini del Partito d'Azione e i moderati era più di «temperamento» che politica. La parola «giacobini» ha finito con l’assumere due significati: uno è il significato ❘33 bis proprio, storicamente caratterizzato: un determinato partito della Rivoluzione francese, che concepiva la rivoluzione in un determinato modo, con un determinato programma, sulla base di determinate forze sociali e che esplicò la sua azione di partito e di governo con una determinata azione metodica caratterizzata da una estrema energia e risolutezza dipendenti dalla credenza fanatica nella bontà e di quel programma e di quel metodo. Nel linguaggio politico i due aspetti del giacobinismo furono scissi e si chiamò giacobino l’uomo politico energico e risoluto perché fanaticamente persuaso