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1929-1930: primo quaderno | 39 |
indipendente da quelle del Nord; porre la quistione così avrebbe significato affermare pregiudizialmente un insanabile dissidio «nazionale», dissidio tanto grave che neanche la soluzione federalistica avrebbe potuto comporre; si sarebbe trattato di nazioni diverse, tra le quali poteva realizzarsi solo un’alleanza diplomatico-militare contro il comune nemico, l’Austria (l’unica «comunità» [e solidarietà], insomma, sarebbe consistita solo nell’avere un «comune» nemico). Ora, in realtà, esistevano solo ❘28 bis alcuni aspetti della quistione nazionale, ma non «tutti» gli aspetti e neanche quelli più essenziali. L’aspetto più grave era la debole posizione delle forze urbane meridionali in rapporto alle forze rurali, rapporto sfavorevole che si manifestava talvolta in una vera e propria soggezione della città alla campagna. Il collegamento tra forze urbane del Nord e del Sud, doveva aiutare queste a rendersi autonome, ad acquistare coscienza della loro funzione storica dirigente in modo «concreto» e non puramente teorico e astratto, suggerendo loro le soluzioni da dare ai vasti problemi regionali. Era naturale che si trovassero opposizioni nel Sud; il compito più grave spettava però alle forze urbane del Nord che non solo dovevano convincere i loro «fratelli» del Sud, ma dovevano incominciare col convincere se stesse di questa complessità di sistema politico: praticamente cioè la quistione consisteva nell’esistenza di un forte centro di direzione politica, al quale necessariamente avrebbero dovuto collaborare forti e popolari individualità meridionali e delle isole. Il problema, dunque, di creare una unità Nord-Sud è strettamente legato e in gran parte assorbito nel problema di creare una coesione tra tutte le forze urbane nazionali. (Il ragionamento su esposto vale infatti per le tre sezioni meridionali, Napoletano, Sicilia, Sardegna). La forza rurale settentrionale-centrale pone una serie di problemi che la forza urbana del Nord deve porsi per il rapporto regionale città‐campagna. Bisognava distinguere in essa due sezioni: quella laica e quella clericale. La forza clericale aveva il suo peso massimo nel Lombardo-Veneto, quella laica nel Piemonte, «peso massimo», con interferenze marginali più o meno vaste non solo tra Piemonte ❘29 e Lombardo-Veneto, ma tra queste due regioni-tipo e le altre settentrionali e centrali e in minore misura anche meridionali e insulari. Risolvendo bene questi rapporti immediati le forze urbane settentrionali avrebbero dato un ritmo a tutte le quistioni simili su scala nazionale.
Su questo problema il Partito d’Azione fallì completamente. Non si può dire fallisse il partito moderato perché esso voleva soldati nell’esercito piemontese e non eserciti garibaldini troppo grandi. Perché il Partito d’Azione non pose in tutta la sua vastità il problema agrario? Che non lo ponessero i moderati era naturale: l’impostazione data dai moderati al problema nazionale domandava un blocco di tutte le forze di destra, comprese le classi dei grandi proprietari terrieri. La minaccia fatta dall’Austria di risolvere la quistione agraria a favore dei contadini, minaccia seguita dai fatti in Galizia contro i latifondisti polacchi, non solo gettò lo scompiglio tra gli interessati, determinando tutte le oscillazioni dell’aristocrazia, per esempio (fat-