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108 QUADERNO I (XVI)

in tempo prima che l’apparecchio statale cadesse completamente nelle mani dei pugliesi di Salandra. Qualche giorno dopo la «Giustizia» di Reggio Emilia pubblicava il resoconto di una conferenza di Ciccotti a Reggio, dove aveva esaltato il prampolinismo ecc. Ricordo che mostrai questo giornale ad alcuni «rigidi» i quali erano infatuati di Ciccotti e volevano si sostenesse (certo per istigazione del Ciccotti stesso) una campagna per dare l’«Avanti!» a Ciccotti. Nessuno ha studiato ancora a fondo i fatti di Torino dell’agosto 17. È certissimo che i fatti furono spontanei e dovuti alla mancanza di pane prolungata, che negli ultimi dieci giorni prima dei fatti, aveva determinato la mancanza assoluta di ogni cibo popolare (riso, polenta, patate, legumi ecc.). Ma la quistione è appunto questa: come spiegare questa assoluta deficienza di vettovaglie? (Assoluta: nella casa dove abitavo io si erano saltati tre pasti di fila, dopo un mese in cui i pasti saltati erano andati crescendo, ed era una casa del centro). Il prefetto Verdinois nell’autodifesa pubblicata nel 1925, non dà ragguagli sufficienti; il ministro Orlando richiamò solo amministrativamente il Verdinois e nel discorso alla Camera se la cavò male anch’egli; intanto non fu fatta nessuna inchiesta. Il Verdinois accusa gli operai, ma la sua accusa è una cosa inetta: egli dice che i fatti non avevano come causa la mancanza di pane perché continuarono anche quando fu dato in vendita il pane fatto con la farina dei depositi militari. La «Gazzetta del Popolo» però, già da 20 giorni, prevedeva gravi fatti per la mancanza di pane e avvertiva quotidianamente di provvedere a tempo: naturalmente cambiò tono dopo e parlò solo di denaro straniero. Come fu lasciato mancare il pane a una città, la cui provincia è scarsamente coltivata a grano e che era diventata una grande officina di guerra, con una popolazione accresciuta di più di 100 000 lavoratori per le munizioni?

Io ho avuto la convinzione che la mancanza di pane non fu casuale, ma dovuta al sabotaggio della burocrazia giolittiana, e in parte all’inettitudine di Canepa, che né aveva la capacità per il suo ufficio, né era in grado di padroneggiare la burocrazia dipendente dal suo commissariato. I giolittiani erano di un fanatismo tedescofilo incredibile: essi sapevano