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1931-1930: primo quaderno | 101 |
Critica dell’Economia politica (del 1859)1 «così come non si giudica ciò che un individuo è da ciò che egli sembra a se stesso»* può2 essere riallacciata al rivolgimento avvenuto nella procedura penale e alle discussioni teoriche in proposito, allora relativamente recenti. Infatti la vecchia procedura richiedeva la confessione dell’imputato (specialmente per i delitti capitali) per emettere la sentenza di condanna, donde la tortura. Nella nuova procedura l’interrogatorio dell’imputato è solo un elemento, talvolta trascurabile, del processo (non si domanda il giuramento, si riconosce che l’imputato può mentire o essere reticente) mentre il primo posto è preso dalle prove materiali e testimoniali. Ricercare se qualcuno ha rilevato questa coincidenza dei due fenomeni e ha studiato il movimento per la rinnovazione del diritto processuale e penale come un elemento suggestivo dell’innovazione portata da Marx nello studio della storia (Sorel potrebbe aver fatto l’osservazione, perché rientra nel suo stile).
Cfr Quaderno 16 (XXII), pp. 28 bis - 29 bis.
§ ⟨114⟩ Risorgimento. Direzione Politica e militare. Nello studio della direzione politica e militare impressa al movimento nazionale prima e dopo il 48 occorre fare alcune preventive osservazioni di metodo e di nomenclatura. Per direzione militare non deve intendersi solo la direzione militare in senso stretto, tecnico, cioè come riferentesi alla strategia e alla tattica dell’esercito piemontese, o delle truppe garibaldine o delle varie milizie improvvisate nelle sollevazioni locali (5 giornate di Milano, difesa di Venezia, difesa della Repubblica Romana, insurrezione di Palermo nel 48 ecc.). Deve intendersi invece in senso molto più largo e più strettamente aderente alla direzione politica vera e propria. Il problema era di espellere dall’Italia una potenza straniera, che ❘73 aveva uno dei più grandi eserciti dell’Europa d’allora e che aveva inoltre non pochi e deboli aderenti nell’Italia stessa, persino nel Piemonte. Il problema militare era pertanto questo: «come riuscire a mobilitare una forza che fosse in grado di espellere dall’Italia l’esercito austriaco e di impedire che potesse ritornare con una controffensiva, dato che l’espulsione violenta avrebbe messo in pericolo l’Impero e quindi ne avrebbe galvanizzato tutte le forze vitali per una rivincita». Le soluzioni date teoricamente furono parecchie, tutte contraddittorie. «L’Italia farà da sé». Questa fu la parola d’ordine del 48. Ma volle dire la sconfitta. La politica ambigua, incerta, timida dei partiti di destra piemontesi fu la cagione principale della sconfitta: essi furono d’una astuzia meschina. Essi furono la causa del ritirarsi degli eserciti degli altri stati italiani, napoletani e romani,