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36 | parte prima — cap. v |
Dopo r, ora si elise l’i: «donde le doppie forme impèrio, impèro; cimitèrio, cimitèro; vitupèrio, vitupèro, e tante altre simili in -èrio, -èro, delle quali la prima conforme all’origine latina, è rimasta, per lo più, al verso, adoperandosi comunemente la seconda; ora invece si perdette la r davanti ad i che prese forma di j. Quindi pure le doppie forme, tanto frequenti, in -áro ed -ájo (da un suffisso latino -ário che pur si conserva in tante parole, come onorário, lunário, calendário, ecc.): fornáro, fornájo; gennáro, gennájo e simili, di cui la forma con j è di gran lunga la più frequentemente usata oggidì. Cosí dalla terminazione òrio (che pur ci resta in alcune parole, come dormentòrio, parlatòrio, responsòrio) avemmo ora la forma in -òro, come in concistòro, martòro poet., mòro poet., e nella voce antiquata mortòro, per mortòrio e simili: ora, anzi quasi sempre, la forma in -ójo, come serbatójo, spogliatójo, ammazzatójo, ecc. ecc., e muojo usato sempre nella prosa invece di moro.
§ 11. Talora nella terminazione -ário fu tolto l’iato per attrazione; poichè l’a attrasse l’i e ne venne ai, che si pronunziò e si scrisse iè. P. es. da primário, che pur si adopera oggidì, non venne soltanto la forma, ora antiquata, primáro (come váro antiq. da vário), ma anche per attrazione (primáiro) primièro, oggi più comune. Anzi è da sapere che moltissime forme in -ière suppongono una precedente forma in -ário, -áro, che non si usa, o si usa in altro senso, o non si è mai usata. Confrontisi per esempio cavaliére con cavalláro (venditore di cavalli); barbiere con barbáro (venditore di barbe vegetali); somière con somáro; carniere con carnájo; orologière con orologiájo: usurière, poco usato, con usurájo, ed altre simili. — Simile attrazione è in fièra invece di fèria, forma originaria.
§ 12. Dopo l ed n, i seguita da altra vocale, si fuse il più delle volte con queste consonanti e ne ammollì il suono (ammollimento rappresentato da gl e gn: vedi cap. iv, § 22). Quindi le doppie forme di pronunziare e di scrivere, esílio, esíglio; òlio, òglio pleb.: familiáre (con dittongo iá) e famigliáre (come famíglia). Quindi, accanto agli infiniti volére, dolére, solére, valére, abbiamo i presenti vòglio, dòglio, sòglio, váglio; e i nomi derivati vòglia, dòglia, váglia. Anzi può dirsi che tutte le parole terminate in -glio, -glia suppongono una forma latina con semplice l che si è poi ammollita per l’iato. Di n ammollita abbiamo esempio in moltissime vocí terminate in -gno, -gna, come attestano le doppie forme Campánia, campágna; di-laniársi, lagnársi in diverso senso, ecc. Si confrontino veníre, te-