Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
i suffissi. derivazione propria | 261 |
vácca, vaccína; opáco, opacità; tònaca, tonacèlla: pudíco, pudíchi, pudicízia; diálogo, dialogísmo.
Ciò accade talora anche col suffisso íssimo; p. es. pudíco, pudicíssimo; cadúco, caducíssimo.
Al contrario i suffissi diminutivi íno ed étto ed il suffisso ézza preferiscono la gutturale anche quando il plurale abbia la palatale; p. es. médico, medichíno; amíco, amichíno e amichétto; mònaco, monachétto e monachíno.
Altre eccezioni: pòrco, pòrci, porchería; árco, árchi, arcière, ecc.
§ 5. Il dittongo uò quando nella derivazione perde l’accento, si scempia e diventa o: p. es. nuòvo, novità; suòno, sonáglio; buòno, bonário, boníssimo; fuòco, focherèllo; figliuòlo, figliolétto; cuòre, corággio.
Il dittongo resta per lo più negli avverbii composti da ménte; come in buonaménte, nuovaménte. Alcuni lo conservano anche nei superlativi, scrivendo buoníssimo e nuovíssimo.
Il dittongo iè anch’esso, col perdere dell’accento, suole scempiarsi, restando e; p. es. Sièna, senése; volentièri, volenteróso; piède, pedèstre, pedóne; leggièro, leggerézza; fièro feríno.
Si conserva però generalmente coi suffissi di aumento, diminuzione e peggioramento; p. es. piède, piedíno, piedóne, piedáccio; e in tutti que’ casi in cui tal dittongo non è un semplice ampliamento di e (casi che si possono accertare solo col confronto del latino). Onde abbiamo, p. es.:
sciènza | scienziáto |
pièno | pienézza |
chièsa | chiesuòla. |