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200 parte seconda — cap. xxv



§ 10. Quando le dette particelle riflessive non sono oggetto del verbo a cui si uniscono, nè parte integrante del suo significato (come ne’ riflessivi assoluti), allora non abbiamo il riflessivo. P. es. mi métto il vestíto; ti acquísti ricchézze; si guadágna il pane, che equivalgono a dire: métto a mé il vestíto, acquísti a té, ecc. guadágna a sé o per sé, ecc. E così pure quando servono semplicemente per dare intensità al significato di un verbo. P. es. mi vívo contènto; ti lèggi un bèl poèma; égli si béve un buòn bicchièr di víno; élla s’è beáta, ecc.


§ 11. Le medesime particelle riflessive accostandosi ai tempi composti coll’ausiliare avére lo cambiano in èssere. Quindi regolarmente tutti i verbi accompagnati da quelle (siano riflessivi o no) si costruiscono con èssere. P. es. mi sóno vestíto, a; mi sóno ricordáto, a; mi sóno compráto, a, un ábito; mi èra vestíto, a; ci eravámo vestíti, e; essèndosi vestíti, ecc.


§ 12. Quando però le dette particelle sieno semplicemente termine indiretto di un verbo transitivo costrutto col suo oggetto, ed equivalgano alle forme a mé, a té, a nói, ecc. allora in via di eccezione si può adoperare anche avére. P. es. mi ho mésso il vestíto, ti hái acquistáto ricchézze, si hánno guadagnáto il páne. Ciò specialmente si usa nel verso e nella prosa eletta.

Quanto all’uso del riflessivo in senso passivo ed impersonale, vedi i capitoli seguenti.


§ 13. Eccezionalmente la particella avverbiale vi si affigge pure ad alcune preposizioni: p. es. súvvi (su vi), intórnovi, sópravi nel senso di su quell’oggetto e simili. — La interjezione ècco si affigge sempre tutte le particelle suddette al pari de’ verbi; p. es. èccomi, èccovelo, èccoci, èccotene, ecc.