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rebbe a dare più largo senso alle parole amore e cortesia, ma non per ciò maggior valore all’espressione; perchè quella attenzione che richiederebbe portarsi sopra i nomi determinati e segnati dell’articolo, sarebbe alquanto a detrimento delle altre parti della proposizione; che chi ben sente la forza delle espressioni, vedrà che, apponendo l’articolo a un nome, la mente è costretta a portarvi la sua intesa più che quando è senza, per la virtù stessa della determinazione che per tal ragion si usa. Così se nell’esempio già citato, Se come cane mordesse il motto, avesse il Boccaccio detto, se come il cane mordesse il motto, quell’articolo diminuirebbe il valore della tesa della mente che al nome motto s’aspetta. E se Dante, in luogo di dire Cortesia e valor di’ se dimora nella nostra città si come suole, avesse detto la cortesia e il valor di’ se dimora, avrebbe spenta la foga delle parole.

1. Ravenna sta come stat’è molti anni. D. 2. Rimembriti di Pier da Medicina. D. 3. Udii nominar Geri del Bello. D. 4. Per la vittoria astuta del re Manfredi i Ghibellini furono cacciati di Firenze. B.

Il dire che i nomi proprj, cioè quelli che non si possono apporre ad altro che ad una persona o a un luogo particolare, non abbian bisogno d’articolo, perchè di lor natura non significan se non cosa particolare e distinta, va ancora soggetto a dubbio o ad eccezione; poiché si dice l’Africa, l’America, l’Italia, la Spagna, l’Inferno, il Paradiso, il Po, il Tamigi, il Petrarca, e il Boccaccio ecc. La ragione in vero è che quando si dice Roma, Ravenna, Pietro, Paolo, Demostene, e Cicerone, si considerano questi nomi nella loro idea di particolarità; mentre che, nell’altro caso, l’im-