Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/489

46 a più verso che io potessi durare a leggere alcuna altra sai tragedia, dal priDcipio insiDO alla fine. Dalle poche cose che notai di Dante potei scorgere quanto maggioroiente le bellezze saltino agli occhi nel doverle esporre agli altri; onde avendo a recitare la detta parte, ove bellezze poetiche ci fossero state, ben mi sarebbero occorse. Cercai dunque, e venni finalmente a persuadermi, però che Topinion quasi generale a me contraria mi faceva dubitare, il gran difetto del nostro Tragico essere, che altro non ha che declamazione. E pure il suo lodatore dice: Le tragedie sono tanfo pia interessanti^ o pia perfette^ guanto son meno declamatorie. Egli è il medesimo difetto il quale quegli italiani e qaegU inglesi che sanno in che consiste la vera poesia, trovano ia tutte le tragedie francesi; si che non ti par di leggere poesia; non metafore ardite, nè rare, nè nuove, poche o nessuna similitudine, non figure che escano dello stile ordinario e l’innalzino, prive d’immagini tolte dalla natura, e di que* tratti che dipingono al vivo le passioni; tutte le quali cose formano il bello dello stile di Dante, nel cui poema non è verso che non sia poetico. Ben se n^accorse an moderno francese, il cui ingegno non potendosi tenere entro ai riguardi segnati, arditamente li passò, e sbandò a spaziare neiroceano delle bellezze della natura; e in dispetto de* molti suoi invidiosi morditori, egli ne avrà gloria» Perciò, come ne fece prova il Gasalbigi, Io stile dell’Alfieri si traduce agevolissimamente iu francese; il che potrà ben piacere a* frequentatori de’ teatri, i quali il più si pascono del auono de’ vocaboli, ma non è nutrimento per la immaginazione; e le sne opere, non che fornire alcuna utilità ai giovani che le leggono, non fanno altro che guastar loro il ga