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zìon di Parigi tale, quale all’autore era piaciato di darla; però chct chi gliel dice che il Cenno che il Biagioli pose in principio della sua edizione, e quel eh* egli (il libraio) chiama lusso d*erudizione, non possa giovare a chi legge, e piacere a chi più sa? E quando pur ci fossero cose che a tutti facessero afa, perchè non mostrare l’uomo come a lui piacque esser veduto? Come si può chiamare quella edizione: liime del Petrarca coi comenti del Biagioli^ da che il testo sopra il quale egli fece i medesimi comenti non è quello che egli scelse? £ gli argomenti non sono i suoi! qaal confusione! S^avea egli a dar piii credito al testo approvato da un semplice editore, qual fu il P. Marsan, che a quello di colui che aveva fatto cosi scientifici e luminosi comenti? E per uno esempio del guasto che ciò fa, nel madrigale I, edizion di Milano, che corrisponde alla ballala III,edizion di Parigi, questa pone a Laura^ e quella alV aura; e, che che ne dica l’editor di Milano, lasciamo stare che il Poeta volesse proprio scherzare con questa parola, e far che sì senta Pambiguo, io pure sto col Biagioli; a me piace più assai leggere a Laura^ e non ho alcun dubbio che cosi volle il Poeta; e ancora perchè chiudere i capelli alfaura noo m* entra. Io non son cieco ammiratore di tutto quel che disse il Biagioli ne* suoi comenti; avrei amato meglio anch* io che ci fosse più dignitoso, come richiede la profonda dottrina, e la perspicacia, e il senno, che in quelli ha dimostro; avrei, anch’io voluto che non vi frammischiasse tutti quei tertre, e cambiare, a suo senno la mia propria Catica» ciò mi scema dT assai l’immaginato diletto, anzi mi h temere che ne rimanga oonfuso e spenl» anche il mio nome fra la turba degli editori e de* correttori.