Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/404

377 Chiama otto qaello che nel medesimo istante avviene e si compie, come entrare^ addhenire^ e eàpitare; è ath^ necpeììo che ha possibilità di continuazione, si come il cre^ dere, 1* andare; e chiamo stato il giacere, per esempio* Quindi i primi tre verbi sono nel preterito perfetto f e gli ultimi tre nell* imperfetto. Entrare esprime uno atto che cosi tosto finisce come s iocomincia; àddhenire e capitare esprimono en^idea, U quale non è, se non quando ò compiuta e finita, I. A migliaia per giorno ivrKKUAFAnoA. 21 • Ogni mattina^ in su Vara che egli ArnSAVA che essi dwessero passare ^ si facef’a portare una secchia è! acqua fresca JR. 3. Mi DA f^ ANO sì poco salato^ che io nonne potestà pur par gare i calzari. B«4* Spesse 9oUe il domandafa^ se qual’^ che cosa era che egli desiderasse. B. Abbiamo detto che, quando il verbo esprime atto, sì adopera il perfetto; ma però che Tatto, se non può essere continuato, può essere ripetuto, questo caso forma ecce2Ìo-> ne«e vuole Timperfetto* In tutti gli esempj sopr apposti Tat^ to è ripetuto, come si dimostrerà* La parola infermare significa dis^enire ammalato; il che esprima passaggio dalk> stato di sanità a quello di malattia; egli è dunque un atto che non può continuare; si continua ^à. essere ammalato o infermo^ ma non ad infermare. Ativisare espirime nn atto della mente il quale non ò piii tosto formato che compiuto, equivalente a far pensiero. L* espressióne si facesHi por^ tare accenna uH ordine 9 un coniando, che è jpure Tatto. di uno istante* Dare e domandare accennano parimente cose che non ammettono continulsione, atti ne* quali il comin^ ciare e il finire sono simultanei* :i6 ■■