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7 rati nella costrnzion passiva; e quindi, in tal caso, formano i tempi composti con essere. Ma qui si potrebbe dire: Perchè nasconde questi gli antichi e comuqi vocaboli che si son dati finora a* verbi, di attiifOj passivo^ e neutro? o dove sono essi trattati in questa grammatica? Io mi sdebiterò con la seguente digressione. ^ANNO E CONFUSIONE che aveyan portato ne* ragionamenti della grammatica italiana, i latini vocaboli di attivo^ passisH}^ neutro^ ecc* A che quella farragine di denominazioni che si era* no date finora ai verbi, di atiivif passM^ neutri ^ neutri pas* siWf iny^ersonalif e più altre, se non a confondere la mente degli imparanti? Qualunque volta si vorranno imporre de. nominazioni di proprietà particolare di una lingua, ad un* altra cui non si convengono, si troveranno prive di senso e impossibili a definire; e quindi ogni ragionare che con tai termini si farà, riuscirà falso; come già dimostrai in parte, parlando de* nomi. Io dichiarai, nel principio di qaest* opera, che non avrei fatto uso se non se di parole le quali mi paressero avere una signifioazione, un senso reale, io italiano; e però die li predetti vocaboli sono per me voti di senso, iotie ho fatto senza. Essi ci vengono dai Latini, i quali, per la gran difficoltà che comprende nella teorica de* verbi la lor lingua, avevan bisogno di fare tutte quelle divisioni. E primieramente dividevano il verbo in attivo e passis^o; cioè duco^ conduco, attivo, quando la persona che governa il verbo fa fazione; ducer ^ sono condotto, passivo, quando l’azione del verbo è sopportata da chi lo governa; e, senza dubbio, questi son due verbi del tutto difierenti; ciascuno ha la sua particolare coniugazione, e sua partico