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343 spesso usato dal Boccaccio; cioè i7-/-a 9 il-j^^aura, iA/-a ic/9 ia laogo di ci sonOn ci saranno^ sono qui. Il pieno costruito di questi modi è: egli cioè il bisogno ai^rà qui mil-^ lo modi; quante miglia ha qui la distanza; quanti il luogo ne ha qui* Lo stile del Bartoli è tutto pieno di w ha, ci ebbe, ui ebbero^cWe^M usa assai più che sfifu^ ^i è«e ^i furono. A me par troppo mal fatta cosa che si cacci dal campo della Un* gua la vera dizione italiana per far luogo alla francese; essendo assai più ragionevole e più chiara forma il dire (^1 è, M fui qui è, qui fui che i^i ha e w ebbe". Fuvvi chi m*a vverti d^aver biasimato quello di che io stesso ho fatto uso, dicendo a carte 2 di questa grammatica: Ha^i anche la let-^ teraj. Sì; e ricordami d’aver detto ancora in altro luogo t nella prima proposizione ha ellissi^ in vece di è ellissi; e più altre voltOf senza dubbio, 1* avfò usata questa maniera; ma pure io voglio far intendere che sebbene il Boccaccio: dica: Quanti ne ha qui in vece di quanti ne son quìi ^^^ ai^ei^a foste che una cameretta assai piccola; Io amo me^ glio dispiacere a queste mie carmi in luogo di Non avea Toste altro che^ o se non^unacamerettai Io ho pia caro dispia^ cere ecc., e perchè Dante dica linguaggio per lingua^ s^en^ giò per s^endicòi e il Davanzali; Questi nondimeno passano pia perGermanii Apro passava per eloquente^ in luogo di era tenuto eloquentei e superbo per magnifico^persona per n^xsti/iO| e tante altre manierosi trovino, e parole, alla francese; non si dee per ciò farsi frequente uso delle ui>e come deir altre forme; nè molto meno, come dissi pochi versi prima, abbandonar le prette italiane, per quelle che sono o somigliano alle straniere; altrimenti, io lo ripeto, non v’à