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CAPITOLO XXXIV

Richiesta fattami dall’onorato mio amico signor Carlo Maffei per parte del Gratarol. Mio ragionamento col Maffei. È fissato un colloquio in terzo.


Avvenuta la sospensione del dramma per l’ameno strattagemma della finta caduta della Ricci e nel tempo che piú bolliva lo sdegno e piú gorgogliavano le pubbliche dicerie per il caso accaduto, mentre passeggiava io soletto la sera de’ quindici di quel gennaio, immerso ne’ miei dispiaceri, per la platea del teatro in San Salvatore prima che si levasse il sipario, attendendo una delle solite commedie allegre dell’arte che mi facesse ridere, mi si fece al fianco il signor Carlo Maffei, il quale con una premura temperata dalla sua naturale dolcezza mi pregò ad ascoltare in secreto cosa che desiderava di dirmi.

Siccome egli era mio amicissimo e siccome egli era solito ad onorarmi di chiedere a me qualche parere con frequenza sopra a qualche avvenimento a lui relativo, condiscesi alla sua richiesta. Egli mi condusse in un suo palchetto nel teatro medesimo, e chiuso con diligenza l’usciolino, incominciò un suo discorso con una gran commozione di spirito.

Prima di narrare il discorso ch’egli mi fece da me inaspettato e la mia risposta, mi diverto con la mia penna a dare al mio lettore un’idea verace della degna persona e del carattere del signor Maffei.

Il signor Carlo Maffei è uomo d’una probitá scrupolosa, d’un animo delicato e sensibile al grado maggiore. Egli possiede gli attributi quanti sono necessari a costituire il carattere del vero uomo onorato.

Chi ha l’animo tenero e suscettibile alla compassione ed è inclinato alla buona fede è facilmente sedotto e ingannato.