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parte seconda - capitolo xxx 39

o quella pettegola, vogliosa di far nascere una scena disgustosa verso la compagnia e verso lei, abbia tenuto in silenzio l’ordine mio di non piú recitare in quest’anno quell’opera. Questa mattina il signor Francesco Agazi, secretario notaio revisore al magistrato sopra alla bestemmia, mi comandò di mandargli nuovamente il dramma: Le droghe d’amore da rivedere, quantunque il libro fosse stato da lui letto, esaminato e licenziato per il mio teatro. Gli chiesi in grazia il perché di questa doppia revisione. Mi rispose ch’erano stati fatti de’ pettegolezzi sopra a certa parte d’un don Adone ch’entrava nell’opera, e che aveva de’ calzanti stimoli per avere di nuovo quel libro nelle mani.

A tal riferta risi alquanto e per la compiacenza di non essere un indovino dappoco e perché il mio naturale è forzato a ridere sopra infiniti movimenti del genere umano.

Richiamata la serietá — Ebbene — diss’io, — voi averete prontamente consegnato il dramma al signor Agazi.

— Io no — rispos’egli; — mi potrebbe essere trattenuto per sempre sopra un falso ricorso, e non voglio perdere quel capitale. Ho detto al signor Agazi che m’era stato chiesto dalla tal dama da leggere per divertimento, che riavuto che l’abbia glielo consegnerò, ed egli sorrise dicendomi: — Bene, bene; letto che l’abbia quella dama, ricordatevi di riconsegnarlo al magistrato. — Infatti — soggiunse il Sacchi — per non comparire bugiardo sono corso poco fa da quella dama, ho consegnato a lei il libro, l’ho supplicata a leggerlo, informandola dell’indegno uffizio della Ricci, delle ingiuste mosse del Gratarol, del pericolo in cui io ero di perdere quell’opera senza alcun ragionevole proposito, e mi sono caldamente raccomandato alla protezione di quella dama.

La riferta del Sacchi fu per me una spezie di folgore. Non potei difendermi da qualche dispetto udendo la narrazione di quell’istrionico raggiro, che mi presentava agli occhi mentali chiaramente un’estensione di solenni pubbliche ciarle perniziose.

— Avete fatto malissimo — diss’io al comico con del calore. — Io non merito che la brama del vostro interesse vi orbi sul pericolo a cui esponete il mio buon nome. Conosco quella dama