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parte seconda - capitolo xxvix 37

gratitudine, e l’ho veduta iersera partire dalla lettura troppo sollecita, troppo disposta e volonterosa di far delle maligne riferte e de’ tristi uffizi a suo modo. — Mi feci riconfermare la promessa dal Sacchi e lo lasciai.

Passai la sera di quel giorno in un altro teatro, sempre in sospetto che il Sacchi non facesse il passo da me suggerito o che il passo non fosse piú in tempo.

Non ho l’albagia d’essere indovino, quantunque rare volte sieno fallaci le mie predizioni sui movimenti delle teste e de’ cuori de’ quali ho avuto campo di studiare l’umore e la inclinazione.

Trovai il Sacchi la mattina seguente. Egli m’assicurò d’aver eseguito l’ordine mio a voce chiarissima con tutti gli attori e le attrici alla presenza della Ricci medesima. Aggiunse ch’io stessi tranquillo, ché il dramma non sarebbe esposto nel teatro prima dell’anno venturo o in quei tempi che a me paressero lontani dal pericolo del quale io dubitava, secondo lui ingannandomi.

Adunque, per conto mio e per un mio semplice sospetto di delicatezza, quel dramma di cui io aveva una svantaggiosa considerazione, trattomi dalle mani a forza di seccantissimi assedi, non doveva in quell’anno piú comparire in sulla scena. Di questa veritá, oltre al Sacchi, tutti gli attori possono essere testimoni. Testimonio può essere anche la Ricci; ma ella aveva giá con una maligna sollecitudine scagliata la pietra del rancore e della odiositá. Se il Sacchi m’ha detta una bugia non ho colpa.

Nel séguito di queste onorate narrazioni che hanno per fondamento la testimonianza non d’una comica ma di persone impuntabili, si rileverá chi da mal consiglio e da una puerile credulitá condotto, per voler impedire con un contrattempo, borioso e senza proposito, l’esposizione in teatro di quel dramma, abbia spinto il dramma in teatro quel carnovale medesimo contro l’opera mia e contro la mia volontá, risvegliando un cicaleccio sfrenato per la cittá, stabilendo un’illusione inestinguibile, accendendo de’ puntigli ne’ possenti, aguzzando la venale malizia comica e spogliando me d’ogni facoltá sull’opera mia.