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a me fatte per indurmi a servire d’ombrello alle di lei imprudenze, sino da’ primi giorni del febbraio anteriore al vostro «aprile» io m’era da lei allontanato, lasciandola liberamente in balía della vostra «competenza di visite» e de’ suoi e de’ vostri «permessi piaceri»? L’avida vostra sete di screditarmi ingiustamente v’acceca, per modo che non aveste riguardo a narrare nella pagina 43 della vostra putredine, in sul proposito dell’esser io andato da una dama per cercare di favorirvi nella vostra miseria di prostituzione, come potrete rilevare dalla veritá delle mie Memorie: «Sett’anni erano che, non so se volontario o proscritto, il conte non s’era avvicinato alla dama», eccetera.

Che sett’anni? che proscritto? Voi siete un insetto che fa degenerare il zucchero in arsenico. Io non fui giammai proscritto che dalla vostra perversa natura e dalla vostra maligna, bugiarda, vile e brighellesca immaginazione. Voi premiate con tali mendaci e infami riferte chi fu da una dama vostra nimica, «che ha giurato d’esservi fatale», per disarmarla, per porre in opra le piú ferventi preghiere e per aderire alle vostre premure?

Ma s’io volessi riandare e confutare tutte le menzogne che beveste alle vostre torbide fonti e a voi suggerite dal vostro cervelletto bollente, e rabbiosamente scompisciate contro me dalla vostra vena fracida e perenne sui fogli della vostra Narrazione, averei troppo lunga faccenda. La disfida che m’avete fatta di scrivere non ammette tardanze, e i vostri «amici meridionali» avrebbero da attender troppo lungo tempo a spedirvi a Stockolm, come avete ordinato, questa mia lettera, onde poter voi «ridurla», confidando nel vostro intelletto celeste, «in feccia etereogenea, putrida e puzzolente», di che v’impegnate nella vostra pagina 52.

Prego cotesto vostro intelletto celeste a usarmi la clemenza di leggere le Memorie della mia vita, piena quanto ella è lunga di veritá, «corpo ed anima» di ciò che contengono. Imparate a conoscermi, informatevi del vero a fonti piú limpide di quelle alle quali vi dissetaste, e poscia lordate quanti fogli volete contro di me a piacer vostro, se vi dá il cuore.

Tre cose mi fecero ridere nel leggere la vostra Narrazione. L’una è che, rabbioso e abbandonato voi al dolce piacere del