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lettera confutatoria 303

di Stato di ritrattarvi delle infamitá che avevate scritte e propalate contro me: — Il tribunale supremo può disporre della mia vita. Non curo punto la mia esistenza. Ho scritto delle veritá. Del ben oprar non mi pento. Non smentisco me medesimo con ritrattazioni. Questo mio petto non s’apre alla viltá, téma non lo punge?

Che sarebbe avvenuto a quella «esistenza» che non curate, se con un atto di sommessione, dovuto verso al tribunale che vi commetteva di ritrattarvi, aveste risposto per tal modo, usando della vostra libertá? La morte vostra? Nol credo. Ma se giá voi non curate un pistacchio la vostra «esistenza»!

Tra gli scherzetti scipiti che si leggono nella vostra pagina 50, tra il desiderio di non accrescere ostacoli a que’ pubblici sovvenimenti che bramavate per portarvi a quella residenza a cui aspiravate, e tra una paura tanto contraria alla fierezza dell’eroico animo vostro e del vostro petto, «che non s’apre alla viltá, che del ben oprar non si pente e che téma non punge», la vostra mano medesima, non condotta dalla «forza sovrana», scrisse, firmò e spedi la ritrattazione.

Ora se il timore d’una «forza sovrana» indusse voi a ritrattarvi, perché poscia, in disperazione di non poter ottenere quanto desideravate per la residenza, fuggito e ricoverato nel settentrione, avete cuore di aspramente rimproverare nella pagina 108 il vostro congiunto Contarini col titolo di «pusillanime coniglio», se buon suddito, nel seno della sua patria, avverso alla vostra fuga imprudentissima e criminosa, preso dal vostro stesso timore d’una «forza sovrana», per non essere condannato d’aver relazione colle vostre bestialitá, depose il plico sigillato delle diciannove vostre lettere, da voi a lui spedite da consegnare a parecchie persone, a’ piedi del Principe suo?

Non nego però ch’egli potesse piuttosto ardere il plico che presentarlo, siccome non lodo que’ vostri «amici meridionali» de’ quali voi benedite «le mani e la voce» nella pagina 100, perché al vostro manifesto che prometteva la sfacciata laidezza della da voi detta Narrazione apologetica, pronunziarono e vi scrissero: — Bravo amico! Fai bene. Ti si conviene di farlo. —