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CAPITOLO VII

Fardelletto di avvenimenti.

Do fine alle mie inutili Memorie pubblicate per umiltá.

Erano scorsi molti anni che i miei fratelli Francesco ed Almorò co’ loro figli erano nel Friuli e ch’io ero rimasto solo a Venezia abitatore della casa paterna, nella calle della Regina a San Cassiano, di mio partaggio.

Questa casa vasta era per me solo un diserto. Nel verno tremava dal freddo. Le nevi, le piogge e il ponte al Rialto mi disturbavano, specialmente la notte partendo da’ teatri, ch’erano lontani da quella abitazione. L’etá mia si avvanzava e mi faceva parere quel viaggio sempre maggiormente piú greve.

Possedeva un casino nella calle lunga a San Mosé, contrada di Santa Maria Zobenigo, vicino a San Marco, affittato per sessanta ducati all’anno. La storia di quel casino mi sembra degna di qualche menzione nelle mie inutili Memorie.

Io l’aveva appigionato da molti anni ad un mastro di casa d’un cavaliere. Questo mastro di casa, che aveva dovuto seguire il padrone ad un’ambasceria, senza darmi alcun avviso l’aveva affittato ad una concubina non so di chi, vendendo a quella le sue mobilie. Questa concubina partendo l’aveva affittato ad un’altra concubina con un somigliante contratto. Il mio casino era passato nella terza e nella quarta concubina, e passava di concubina in concubina senza ch’io mai sapessi nulla. Vedeva recarmi le mie rate del fitto puntualmente, e il bello è che per lo piú quelle rate m’erano recate da alcuni preti che mi facevano elogi sull’eroismo delle mie pigionali successive.

L’ultima eroina mi fece intendere che il mio casino aveva necessitá d’alcuni ristauri.

Andai per la prima volta a vedere quell’albergo per rilevare il bisogno de’ ristauri, e vi trovai una signora ristaurata con