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226 memorie inutili

sempre coll’occhio del di lui padre e come persona a lui stretta e di lui consanguinea.

Anche l’annunzio della morte in etá fresca d’una mia sorella nominata Laura, a me affezionatissima, maritata in Adria, venne a combattere il mio spirito.

Potrei aver alterata l’epoca delle sopra accennate mie perdite lugubri; ma la veritá è che in un breve giro d’anni vidi mietere alla morte un buon numero de’ miei congiunti e un grosso numero de’ miei amici, ch’io non nomino tutti per non tener piú a lungo i miei lettori in un cimitero.

Non dirò che la serie de’ furti fattimi dalla morte avesse cambiata la mia natura, né che m’abbia spogliato di quel poco di filosofia ch’ebbi sempre in soccorso; ma dirò solo che i miei riflessi filosofici s’accostavano alquanto a quelli di Young. È per ciò che, pregato in quel tempo a comporre un sonetto per una raccolta nell’occasione che una dama della famiglia Cappello si chiudeva monaca in San Zaccaria, m’uscí dalla penna questo sonetto:

   Pallide guancie, infossati occhi e spenti
che palesano il vizio, effigie astrette
a mentir sempre e stanche, odii, vendette,
falsi amor passeggeri e tradimenti;
   freddi vecchi, attillati amanti ardenti;
sessagenarie lisce e vezzosette;
da’ sofismi scomposti idee scorrette;
famiglie desolate, orbe e dolenti;
   e ferètri lugubri e tombe aperte,
che c’involano ognor congiunti e amici,
lasciando l’uomo irresoluto e inerte;
   son, tra mill’altri oggetti aspri e nimici,
quelli, o fanciulla, che fuggite; e incerte
son l’alme ancor sui vostri dí felici?

Avvenne in quella stagione ch’io fui assalito da una febbre terribile.

Venne il medico dottore Giorgio Cornaro, che oltre all’essere amico mio affettuoso, vigile sugli ammalati suoi, uomo pieno