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un giovinetto che mi piace; ti sono innamorata morta. Intendo di sollevarmi dal fastidio che mi dá quel porco di cinquantanni. Spero che tu mi voglia bene. T’ho detto tutto.

Ella non die’ campo alle mie riflessioni, e rese debile la mia virtú ripigliando la musica de’ suoi baci ardenti. Quella specie di folletto di tredici anni, piú ignudo che vestito, bello come uno spirito celeste, spinto da un’impetuosa audacissima passione, che mi succiava l’anima dalla bocca colle sue labbra infondendomi l’anima sua, fece evaporare la mia ragione; e stendo la consueta cortina a’ secondi miei errori d’amore.

La mia metafisica non aveva alcuna parte in quell’affetto confidenziale ch’era tutto fisica e sbalordimento. Il trovare quella farfalletta tanto terribile nelle battaglie d’amore notturne; il vederla poscia il giorno per la casa e alla mensa, seria seria, con gli occhi bassi e con una modestia edificatrice, mi teneva allacciato. Io imitava la sua cautela e la sua serietá fedelmente. Aveva però tratto tratto qualche rimorso e qualche timore che il contrabbando fosse scoperto. Ella mi dava l’ordine in secreto, non giornaliero ma con frequenza, di lasciar l’uscio socchiuso; ed era puntuale a comparire la notte al mio letto sempre maggiormente accesa, e con nuovi trasporti a ubbriacarmi e a farmi cadere in que’ soavi delitti che m’obbligano a stendere la mia cortina.

Poteva mancare un mese alla partenza da Zara per Venezia del nostro provveditor generale Querini, essendo giá giunto il suo cambio alla carica; ed io aveva fissata la partenza mia con lui per restituirmi alla casa paterna. Confesso ch’ero tanto intabaccato da’ modi tenuti da quella fraschetta che, con tutta la robustezza d’animo che possedeva, il solo pensiero di doverla abbandonare mi rattristava moltissimo.

Un accidente comico avvenuto tre giorni prima della mia partenza guarí il mio spirito istantaneamente e mi fece benedir l’ora del mio imbarco e della partenza.

Per narrare quell’accidente comico e per me propizio, m’è necessario il descrivere la pianta e la costruzione della casa che abitavamo. Salita la prima scala di marmo, s’entrava in una