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parte seconda - capitolo xliv 147

e stravaganze che spesso nascono da’ ciechi e non ponderati voti del nostro senato. Pietro Antonio Gratarol non può andare residente a Napoli e dovrebbe chiedere volontario la sua dimissione.

Questa risposta, contenesse veritá o falsitá, fu molto piú lunga, e fu un mescuglio di mire politiche ed economiche non meno che d’aneddoti e di processi sulla condotta e sullo stato del signor Pietro Antonio. Nel pieno delle cose addotte non stavano però celati il puntiglio, lo spirito mal disposto, la persecuzione e la oppressione contro al povero Gratarol, in vero di troppo e con troppa indecenza e trivialitá bersagliato.

Co’ spiriti maligni comparirei un maligno se ponessi qui in iscritto per esteso quella risposta, ed è per ciò ch’io non la registro nelle mie Memorie. Non ho tuttavia ommesso di scriverla ne’ miei scartafacci, ma l’ho chiusa nel mio scrittoio, e credo che a nessuno verrá la brama di leggerla.

Spesi male con mio notabile rammarico il buon desiderio ch’ebbi di giovare al Gratarol. Lo spesi anche invano, perché si sparse la voce che il Gratarol, irritato dalle difficoltá trovate nel senato sulla sua commissione di residente e sopra alcune somme di danaro che chiedeva, in iscambio di umiliarsi a chiedere la sua dimissione attendendo a lui tempo migliore — cangiamento in Venezia facilissimo, — consigliato cred’io e guidato dalla sola sua alterigia cervicosa e indomabile, desolato nella economia, fremente, iracondo, era fuggito dallo Stato, esponendo se medesimo e la famiglia a’ fulmini, in parte conseguenti in parte tirannici, macchinati dalla inumana rapacitá, che lo seguirono, conducendo per compagni l’ira, il furore, delle idee elefantesche di fortune e di premii al suo merito, una sete inestinguibile di vendette, e saettando da disperato insulti, ingiurie e libelli indistintamente contro a’ rei di lui oppressori, contro gl’innocenti di lui commiseratori, contro i di lui congiunti e contro tutti coloro che non furono ligi o adulatori alle sue romanzesche caparbietá e stravaganze orgogliose.

Peccato che un uomo d’attivitá, di talento, di spirito e d’onoratezza, ma alterato la mente da qualche lettura, fosse dominato dall’amor proprio, da una fermissima persuasione di se