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CAPITOLO XLI

Cavalleresca ponderata urbana azione dell’eroico animo del Gratarol

e coserelle relative alla di lui gentilezza.

Appena era io quasi vestito per uscire di casa a’ miei risoluti maneggi non meno per me che per il signor Pietro Antonio, si picchiò all’uscio mio.

Fui avvisato dal servo che uno staffiere aveva un viglietto da dare nelle mie proprie mani. Uscito io dalla stanza trovai quel staffiere sul limitare della scala col viglietto, che mi presentò rimanendo in atto d’attendere la risposta.

Il mio cuore ha indovinato che il foglio era del sollecito Gratarol, e credeva che mi chiedesse ragione e il perché si recitava novamente la commedia contro la mia promessa; e per dire il vero apparecchiava anche l’animo a dover leggere qualche amara puntura di ragionevole rimprovero ed uno stimolo a dover mantenergli la promessa. Riflettendo a’ suoi casi e al suo cervello alterato, credeva anche di dover leggere qualche minaccia se non gli mantenessi la parola data. Per tal modo pensando io, ero parato a soffrire a dargli una civile risposta, ed era paratissimo a seguire i miei passi per troncare la rogna della da me e da lui maledetta commedia. M’ingannava nel mio moderato indovinare. Apersi e lessi il viglietto. Ecco il fior di virtú di Pietro Antonio Gratarol nobile padovano.

Signor conte, in forza del ragionamento tenuto ier l’altro in vostra casa, il cartello di ier mattina pose in diritto il ragionatore di dirvi che mai in sua vita non ebbe a conoscere maggior ipocrisia ed impostura della vostra; e il cartello poi di stamane esprime in faccia a lui che siete un mal cavaliere e un mentitore.

Seguite pure a saziar la vendetta d’una vostra amorosa passione in parte occulta e forse anche non creduta da alcuni, a me solo conosciuta in tutta la sua estensione. Continuate pure a