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parte seconda - capitolo xxxvi 95


Doverei infuriare sulle instancabili lorde arti di quel comico, ma io mi sono formato un sistema di non degnarmi di ricevere offese dalle sporche e furbe direzioni d’alcuni commedianti. O bisogna non praticarli, o ridere e passar sopravia alle offese e alle ingratitudini infinite che si ricevono, per non aver de’ motivi di precipitare e di divenire la favola del paese ogni terzo giorno. Condanno me d’essermi immerso a proteggere, a sostenere e a praticare famigliarmente per divertimento una compagnia comica mascolina e femminina, e condanno lei d’essersi imbarazzato in alcuni ragazzeschi puntigli non degni delle gravi ispezioni ch’Ella sostiene, e della inscienza sua sul carattere di quel ceto maschile e muliebre.

— Queste sono tutte cose inconcludenti — disse il mio ragionatore infiammato. — In forza del mio ragionamento Ella può e deve sbandire per domani e per sempre dal teatro la sua commedia. Perdio! sono un uomo ben nato, un uomo d’onore, e salvo della galanteria, null’altro si può imputare al mio carattere, né devo soffrire l’ingiuria che mi si fa.

Credo di non essere in necessitá di spiegare al mio lettore qual significato abbia oggidí il vocabolo «galanteria», né di dimostrare quante dissensioni, quante sciagure, quanti disordini, quanti abbandoni a’ propri doveri e quante nimicizie cagioni nella societá, ne’ coniugati e nelle famiglie il significato abusivo dato da’ filosofi del secolo al vocabolo «galanteria».

Avrei dovuto riscaldarmi dell’aria di prepotenza che prendeva il Gratarol nel mio proprio albergo e averei dovuto dirgli: — Voi siete un miserabile impazzito: uscite dalla mia casa! — Guardai il povero Maffei non meno sacrificato di me in quel colloquio: ebbi pietá della sua effigie mortificata. Mi raffrenai ripigliando il mio discorso dicendo:

— Ho detto iersera al signor Carlo Maffei che se mai rilevasse che nel colloquio da lei desiderato Ella intendesse di venire a chiedermi ciò che ora mi chiede, si dispensasse da conciliare colloqui, e gli ho detti tutti gli ordini de’ tribunali e tutte le ragioni legittime che mi spogliavano d’ogni facoltá sulla commedia odiosa a lei e forse piú odiosa a me. Rimango sorpreso