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fermandomi. M’avvidi ch’era penetrato, e con poche parole da tragedia urbana lo indussi a promettermi di lasciar libera quella strada, senza però lasciar libera la Tonina. Io gli promisi di non palesar mai l’arcano, e gli attenni una parola, ch’io credo ora posta in libertá da trentacinque e piú anni trascorsi, e forse dalla di lui morte, perch’egli aveva molto maggiore etá della mia.

Per tre sere consecutive fui il piú sollecito dell’alleanza a comparire al bigliardo armato, col mio nastro bianco sul cappello, e il primo e piú fiero sfidatore de’ tromboni, certo che non mi si opponevano, e i congiurati si vantarono di una vittoria che non ebbe altra battaglia che quella delle mie parole secrete.

Mi restò fitta nella memoria la correggibile direzione della bella Tonina, persona del volgo, e che aveva cagionato un tanto pericolo.

Sono innumerabili nel mondo i disordini di specie varia, e tutti rovinosi, della gioventú e delle famiglie, che non hanno altra origine che quella delle infinite Tonine. Per essere disordini rovinosi non v’è mestiere che vi sieno tromboni. Le armi, tra palesi e secrete, sono una selva d’armi.

Gli amori del signor Simeone C*** con quella corsara di Venere erano giá evaporati ed estinti, come suol avvenire di tutti quegli affetti i quali non hanno altra base che quella del senso, della brutalitá, della seduzione mascolina, e dell’insidia, del capriccio, dell’ambizione e dell’avarizia muliebre. Al bel sembiante della Tonina non mancavano amanti, e l’animo suo, differente dal volto, teneva deste le lingue cagionando molti accidenti e innalzandole molti trofei commiserabili.

Non mi sembra spoglio di tratti faceti l’avvenimento ch’io sono infraddue di narrare, temendo di dar della noia a’ lettori. Risolvo di narrarlo pontualmente, colla brama che non riesca noioso.