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parte prima - capitolo xii 89


È da sapere che in quel vicolo abitava una delle piú belle giovinotte popolane che vedesse occhio umano, chiamata per nome Tonina. Ella aveva di molti spasimati, e le sue cattiverie, i suoi nascondigli e l’esca che sapeva dare a parecchi merlotti, facevano il di lei carattere tanto tristerello, che la sua bellezza diveniva cosa materiale e da poche lire, e nondimeno ella sapeva venderla de’ zecchini.

Ci fu chi dirò piú sotto, che amante perduto di costei e desideroso d’essere solo all’idolatria di sí bel tesoro, a contemplazione di quella frasca, per darle una testimonianza alla dalmatina d’un smisurato affetto, presentava il trombone a chi voleva di notte passare per di lá.

Avvenuto un tal caso per due sere consecutive, l’accidente divenne una delle maggiori novitá del paese nell’anticamera generalizia. La conversazione d’ufficialitá era ivi numerosa, e finalmente vergognandosi i militi ch’erano stati rispinti dal trombone della poltroneria e dello spavento avuto, si disposero di unire un buon numero d’uffiziali congiurati contro al trombone con giuramento di fedeltá.

Fui ricercato s’io ricusava d’unirmi al drappello. La mia condiscendenza, la mia insensatezza e i miei sistemi non ammettevano un rifiuto, ed ho francamente data la fede d’essere colla truppa.

Concluso il trattato in quell’anticamera, si commise il silenzio e fu stabilito che tutti i congiurati dovessero porsi un nastro bianco al cappello per essere conosciuti, e che alle tre della notte ognuno dovesse trovarsi armato al consueto campo d’arme, ch’era la sala d’un bigliardo, per andar poi all’assalto di Buda.

Un nobile illirico appellato Simeone C***, assai bell’uomo, onesto, e d’uno di quegli animi risoluti che spaventano anche i militari, quantunque egli non fosse soldato, sedeva in un canto di quell’anticamera sonneforoso, quasi dormendo, e pareva che non ascoltasse il trattato della congiura.

Egli era persona franca e gioviale, e che piú volte mi aveva fatte delle proteste di vera cordiale amicizia.