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CAPITOLO VIII

Ratifica d’un cenno dato nel capitolo secondo di queste Memorie,

relativo ad un mio pericolo della vita.

Ho detto nel secondo capitolo che i ricordi datimi da un cozzone da cavalli ne’ miei primi anni mi salvarono la vita, e il caso avvenne in una delle corse a cavallo che faceva il provveditor generale col séguito degli uffiziali.

Sull’ora determinata a quel cavalcare tutti gli uffiziali della Corte mandavano alla scuderia generalizia i loro fornimenti da cavallo, e ognuno saliva sopra a quella bestia che giugneva dalla scuderia bardata dalla propria conosciuta guarnitura.

Il bassá della Bossina aveva spedito in dono al provveditor generale un certo cavallo turco non castrato, di pelo stornello, di bella struttura, ma cosí fiero e cosí vizioso, che nessuno voleva salire sulla sua schiena pericolosa.

Un giorno, nella moltitudine de’ cavalli che giunsero bardati nel punto del cavalcare, vidi che i mozzi della stalla avevano posto i fornimenti di mia ragione in su quel turco indomito. Chi può indovinare le cause moventi i mozzi d’una stalla?

Lo sbigottire non fu mai per me, non so se per insensatezza o se per animo coraggioso. Aveva giá cavalcate delle male bestie, fatta confidenza colle stramazzate, e quel momento, in faccia a tanti armigeri, non permetteva trepidazione.

Balzai sopra all’animale come un antico paladino di Francia, senza esaminare per la fretta se il morso o le barde stessero a dovere.

Il bucefalo, senza punto obbedire al freno, in iscambio di seguire la brigata posta in viaggio, si levò alto in sull’anche, fece un giro a dritta per aere, e con una rapidissima carriera si mise a correre verso le sue stalle, ch’erano sotto le mura della cittá.