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Credei cosa lecita l’andar a chiedere in cortesia una limonata a que’ servi per dissetarmi, ed era da mal consiglio ingannato. Mi si rispose che, per un preciso comando, l’atto della misericordia di dar bere agli assetati era riservato per special privilegio verso agli accademici soltanto.

Questa sgarbata risposta data al sitio di molti uffiziali aveva accesa una muta turbolenza. Mi vergognai di ricevere una negativa tanto increata e mi determinai in sul fatto con viso franco a dichiararmi accademico, per non sofferire rossore e per espugnare una limonata col titolo di poeta e con due sonetti, che era inespugnabile col titolo d’uffiziale e colle armi.

Quest’accidente ha riconfermata nell’animo mio l’opinione dell’utilitá della poesia contro l’universale parere che la considera inutile. Ella m’ha soccorso d’una limonata e m’ha difeso dal crepare di sete.

Colla limonata e co’ miei due sonetti benemeriti in corpo, corsi arditamente ad occupare uno de’ seggioloni dell'assemblea, la quale si sorprese alla mia comparsa, ma ebbe la bontá di sorpassare.

Risuonò l’aere per tre ore di lunghe dissertazioni ampollose erudite e di carmi poco soavi. Qualche generalizio sbadiglio onorava di quando in quando l’accademia e gli accademici. Non posso dire tuttavia che non sieno giunti agli orecchi miei delle composizioni tollerabili e non attese da’ miei maliziosi timori. Un certo abatino dall’ostia trapelò del genio poetico. Mi si dice ch’egli è ora divenuto vescovo. Chi sa che la poesia non sia stata utile a fargli avere una mitra, come fu utile a me nella limonata.

Tuonai anch’io nell’accademia col mio sonetto che sostenne il principe pacifico piú che il conquistatore, un di presso co’ sentimenti dell’epistola di Boelò diretta al suo re Luigi decimoquarto, e coll’altro sonetto in lode del nostro provveditor generale Quirini.

Quest’ultimo sonetto ebbe la sorte febea di piacere assai all’E. S. e all’universale per conseguenza; egli mi stabilí poeta nelle opinioni zaratine. Fece poi nascere una scena comica due giorni dopo.