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parte prima - capitolo ii 37


In un oceano di ottave che formano quell’antico poema, pochissime sono quelle degne d’essere considerate poesia; tuttoché è da credere che, prima di darlo alle stampe, la lima non sia stata inoperosa.

Ho udito parecchi e parecchie improvvisatori e improvvisatrici piú celebrati del secolo nostro, ed ho compreso benissimo che, se quel diluvio di versi, che sputano colle lor facce infuocate facendo maravigliare gli ascoltatori, fossero scritti, non solo valerebbero poco tra i generi poetici, ma non troverebbero lettori che avessero la sofferenza di giugnere alla ventesima parte di quelli colla lettura.

L’olivetano padre Zucchi, che ho udito rimare alla sprovveduta ne’ miei fresc’anni, faceva qualche strofa sensata piú che gli altri suoi pari detti colti; ma egli era tanto lento nel suo verseggiare che il riflesso poteva aver parte.

I rimatori all’improvviso potranno essere per avventura colmi di dottrina e d’erudizione a poter ben discorrere sopra que’ tanti quesiti che vengono loro proposti. Non sarebbero ascoltati se gli trattassero divinamente in ottima prosa. Per avere delle gran turbe ascoltatrici fanatiche, è necessario che esprimano le loro immagini e i loro pensieri, comunque vengano, velocemente e con de’ cattivi versi rimati che spesso non sono che un mormorio di parole vuote di senso, per cagionar de’ stupori. L’umanitá fu sempre un bracchetto in traccia di maraviglie.

Se un pittore volesse rappresentare in un quadro la Temeritá o l’Impostura mascherata da Poesia, non saprei meglio consigliarlo che a dipingere un improvvisatore di versi, con gli occhi spalancati, le braccia all’aria e una calca di persone rivolte a quello co’ visi maravigliati e stupidi.

M’inchinerò sempre per semplice urbana politezza alle incoronazioni di lauro ne’ Campidogli dei cavalieri Perfetti e delle Corille; ma adorerò sempre cordialmente e seriamente quelle de’ Virgili, de’ Petrarchi e de’ Tassi soltanto.

Gli Arcadi rideranno se a questo proposito parlerò d’un improvvisatore di versi da me conosciuto e udito infinite volte; e tuttavia farei un’ingiustizia a non fare menzione di lui e a