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278 memorie inutili

comando m’avesse suggeriti, col porre in possesso del suo ricinto la compagnia diretta dal Sacchi.

Non passarono molti mesi che fui scelto dal cavaliere mediatore de’ patti tra lui ed il Sacchi. Feci io da notaio, estesi la scrittura di locazione, e posi quel capocomico nel teatro che tanto desiderava.

Averei voluto abbandonare la comica poesia e attenermi a’ miei privati divertimenti poetici; ma oltre all’essere affogato dalle preghiere, stimolato dalla necessitá della compagnia in quel cambiamento di teatro da me proccurato e da me per un lungo corso d’anni soccorsa, mi pareva di mancare al cavaliere, che in parte a contemplazione all’opere mie novelle era disceso a concedere il suo teatro a’ miei protetti. Anche una lunga usanza fissata di conversazione famigliare e gioviale da me presa con quelle genti fu una delle ragioni della mia resistenza.

Tutti i sopraddetti miei delicati sentimenti non starebbero male, se tutti gli uomini fossero di quelli suscettibili. Le mie osservazioni mi fecero comprendere la ragione per cui gli uomini oggidí detti di spirito e grandi chiamano i riguardi di delicatezza d’animo, vergognosa miseria del cuore.

Siccome perseverai per forse altri quattordici anni all’assistenza e alla famigliaritá con que’ comici, averò argomento di scrivere parecchi capitoli di memorie relativi a cotesti quattordici anni della mia vita, che odoreranno di teatro, che saranno sincerissimi, riflessivi e lepidi per quanto potrò; e si rileverá in questi come la mia disinteressata eroica assistenza usata verso alle dette persone teatrali incominciò ad essere imbarazzata per de’ comici eventi, e come la mia buona fede mal impiegata si meritasse infine, piú che il titolo di buona fede, il titolo legittimo di sciocchezza.