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CAPITOLO II

Comici e comiche dell’Italia in generale, riguardo alla professione e riguardo al carattere ed al costume. Capitolo da filosofo osservatore.


Fra tutti i mortali i piú difficili da conoscere nell’animo da un filosofo osservatore, per quanto egli abbia la mente penetrativa, sono certamente i comici e le comiche.

Una scola di finzione che hanno sino da piccolini, li ammaestra per modo alla falsitá, a dipingere per modo la menzogna per la ingenuitá, ch’è necessaria una grand’acutezza per rinvenire il vero ne’ cuori loro. I viaggi, le pratiche, gli eventi, la esperienza, gli esempi, i duelli continui dello spirito e dell’intelletto risvegliano i cervelli e raffinano i sistemi comici mascolini e femminini.

Riservo una pittura particolare della compagnia del Sacchi, che ho soccorsa per quasi venticinque anni de’ miei generi scenici e colla mia amicizia, spoglia d’ogni idea d’interesse; e fo ora una generale pittura all’ingrosso del nostro ceto comico italiano, ch’io credo poco o nulla diverso, riguardo a’ morali sistemi, da quello di tutte le altre nazioni.

È da credere a chius’occhi assolutamente che l’idolo principale da’ comici adorato non sia che un interesse venale.

Tutte le civiltá, le espressioni d’obbligo, di elogi, d’umanitá, di sofferenza, di cristianitá, di pietá, d’accoglimento cortese non sono tra’ comici che un sistema fisso di finzioni credute necessarie a coltivare l’ara dell’idolo del loro interesse venale. Se quest’idolo viene ferito anche giustamente e ragionevolmente, non v’è piú in essi ombra di tutte le belle forme sopra accennate.

Una semplice lusinga di venalitá vicina fa loro non curare e sacrificare ciecamente le persone benefiche e la riputazione di tutto il mondo, senza riguardo alcuno e senza riflesso a que’ danni che loro possono avvenire in progresso, non veduti per acce-