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parte prima - capitolo xxx 179

dote o dimissoria, che s’era proccurato un maneggio e una disposizione delle rendite famigliari per una lunga serie d’anni per l’indolenza di chi doveva reggere, non poteva per una massima generale e salutare formarsi creditrice; il predicare la collusione d’un fratello colla moglie contro a tre innocenti fratelli, due de’ quali erano stati lontani parecchi anni senza aggravare la famiglia; il provare che il padre e la madre della pretendente sino dal punto del suo matrimonio erano stati accolti nella casa nostra, mantenuti per ben quindici anni sino alla morte loro, e che i parenti della cognata erano per lungo corso d’anni stati piú padroni nel nostro albergo de’ padroni legittimi; il mostrare i scartafacci informi, non intelligibili, da noi firmati dietro all’esempio del maggiore fratello col solo fine di calmare de’ spiriti turbolenti; il far vedere numeri viziati e ricomposti; l’esibire di pagare tutti que’ creditori che avessero dati danari o effetti alla nostra assalitrice per causa della sua casalinga amministrazione; furono favolette disputate da’ celebri nostri avocati signori Federico Todeschini e Francesco Massarini arringatori. Due avvocatuzzi screditati, degl’infimi del fòro veneto, poterono fare che i giudici sapientissimi col maggior numero de’ voti c’insegnassero che si deve molto bene aprir gli occhi prima di firmare de’ fogli. Da quel punto io leggo dieci volte sino le mie lettere prima di firmarle.

Le mie risa vennero in soccorso anche a quella perdita, né mi sognai di lagnarmi col fratello Francesco, che aveva voluta quella soscrizione ad oggetto di calma. Egli andava protestando mesto alle mie risa, che non averebbe mai potuto immaginare una tale sciagura, e le sue proteste raddoppiavano il mio ridere.

Si accordarono verso a settecento ducati di credito alla cognata, i quali non furon d’alcun soccorso alla famiglia del fratello.

De’ creditori, la maggior parte commedianti che avevano servito alla mal consigliata impresa, gli sequestrarono nelle mie mani, e furono da me pagati a’ famelici che avevano ragione, col consenso del fratello e della cognata.

Molti altri posteriori litigi, faceti ma fastidiosi, relativi a quella causa, mi molestarono. Per avvalorare il suo credito, la cognata