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166 memorie inutili

riflettere replicatamente ch’io esisteva e che esisteva libero, avrei creduto anch’io d’avere una moglie.

Rideva tuttavia colla dama di quell’ostinato matrimonio, ma siccome il cavaliere s’era finalmente espresso di non volere litigi forensi e di volere abbandonare tutti i pensieri e tutte le disposizioni che s’era prefissi in vantaggio del nipote, lasciandolo in balía liberissima della madre, ciò pose freno alle mie risa.

Costringendomi a una gravitá catoniana, feci intendere alla dama che un suo, benché giusto puntiglio, doveva essere affogato, qualora essenzialmente ella non potesse risarcire il suo figliuoletto di que’ beni de’ quali poteva essere colmato dal zio.

Quantunque io fossi persuaso che cento libbre d’oro non pagassero una dramma d’affetto sincero e naturale, scevro dalle viste dell’ambizione, m’accomodai al pensare mondano ed espressi da bravo sofista che il verace amore non cagionava giammai del danno all’oggetto amato.

A questo riflesso, che secondo il mio pensare morale, spoglio dell’avido interesse, non è che un sofisma, ma ch’è incontrastabile e legittimo nelle universali opinioni, vidi piangere quella dama dirottamente, indi scuotersi e dire: — Avete ragione, io sono una povera donna; sarei condannata da tutto il mondo e un giorno forse dallo stesso mio figlio. Sono pronta a sacrificare i miei diritti, a chiudere nel mio seno i trasporti degli affetti materni, le ferite delle ingiurie che mi si fanno, e tutto ciò che può pregiudicare al bene d’un figlio che adoro e a cui non posso fare tutte quelle beneficenze che il zio può fargli. Fatemi anzi il piacere di farvi relatore del mio inalterabile sentimento.

Feci il mio breve panegirico alla virtuosa risoluzione, e recai al nobil uomo cognato (da cui aveva in ogni tempo ricevuto delle notabili politezze) l’eroica risoluzione della dama. M’ingegnai a dipingere il di lei merito e a sostenere che i di lei affetti non erano giá scusabili, ma degni degli elogi maggiori.

Il cavaliere si commosse e mi disse: — Io non sono giá un leone. Intendo che la madre abbia la ispezione di visitare il figlio, di invigilare a’ di lui bisogni, che saranno da me contribuiti nell’avvenire. Voglio che possa qualche volta ricondurselo