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fideicommissi dispersi, non mi permettevano di snervare le forze ch’erano anche di troppo intisichite.

Questa mia risposta rinverdí la ciarliera falsa conchiusione ch’io era un vero Falaride.

Perché il lucroso reggimento del Zante e gli altri uffizi sostenuti non avevano punto accresciute le facoltá dell’illibato defunto mio buon zio senatore Tiepolo, nel testamento ch’egli fece ordinò che fossero pagati tutti i di lui debiti, facendo registrare in esso testamento l’onorato catalogo de’ suoi creditori. Del resto egli lasciava erede una sua sorella appellata Girolama, vita di lei durante; indi sostituiva erede mia madre.

Questa ebbe in quella funesta occasione parte d’alcuni beni nel Friuli d’una vecchia sua zia Tiepolo, morta ab intestato, i quali, uniti alla sua dote, potevano formare il sufficiente suo mantenimento.

Io fui sempre il di lei sesto dito, tagliato dalle sue mani senza alcun suo dolore. Ella era padrona di disporre della sua predilezione e di tenere aperto il suo tenero cuore per chi possedeva la grazia sua. Ebbi il dispiacere di non possederla senza invidiare chi la possedeva, e posso assicurare il mio paziente lettore che il maggior dispiacere ch’io abbia avuto riguardo a mia madre fu quello di vederla sempre senza un ducato da spendere a modo suo, anche allorquando giunse a possedere tutta la facoltá di quella famiglia Tiepolo estinta, dopo la morte della sua sorella Girolama, che lasciò de’ mobili e molti danari istituendola erede di tutto, unita a mio fratello Gasparo ed a’ di lui figli.