Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/163


parte prima - capitolo xxv 157


Io non scrivo questa stravaganza, che per far sapere di quanti mali sia capace e quanto inestinguibile sia il seme delle dissensioni acerbe d’una famiglia, e massime quando ha l’origine dalle femmine che si sono calzate le brache mascoline.

Per dar maggior corpo alla disseminazione ed a’ colori della mia sognata o inventata brutale tirannide, cotesti miei parenti pensarono d’ammogliarmi senza il consentimento mio.

La vita esemplare e di palese religione che teneva la vedova dama contessa Ghellini Balbi non ammetteva maldicenze decise, ma le mie dovute visite giornaliere alla di lei conversazione aprivano l’adito agevole a delle semioneste dicerie. Si diceva ch’io aveva sposata quella dama e che tutte le mie direzioni non avevano avuta e non avevano altra mira e altra ragione che questa.

Una tale vociferazione mi onorava in parte, e m’incresceva soltanto che una dama saggia, affettuosissima verso l’unico suo figliuoletto, in un’etá d’un doppio alla mia, venisse dipinta dalla malignitá capace d’una imprudenza assai facile da esser creduta.

Non feci però che ridere a tutti questi ingiusti e bugiardi ululati, e senza degnarmi di stancare il polmone ad abbaiare sopra un’ingiusta falsitá indiscreta, attesi a volere la nostra casa da me chiesta con tutte le ragioni che non potevano essere oscurate dalle ciarle.

Colsi mio fratello Gasparo fuori da’ donneschi tumulti. Gli feci comprendere fraternamente gl’impegni miei, le circostanze della dama, che per una buona fede poteva rimanere senza ricovero, le ingiustizie che mi si facevano e le mie ragioni, le quali erano da lui comprese anche senza ch’io gliele dicessi.

Quel pover’uomo, quasi piangendo, rammentandomi Iobbe co’ suoi movimenti, mi protestò di non avere alcuna colpa nel disordine che avveniva, e ch’egli affermava per strano e contrario alla giustizia. Aggiunse ch’egli sofferiva de’ romori infernali, de’ titoli d’uomo pusillanime, di padre spoglio di zelo per la sua prole, e infine che non era né obbedito né ascoltato.

Per farmi persuaso ch’egli non opponeva dal canto suo ch’io avessi il giusto possesso della casa nostra, prese una penna e