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parte prima - capitolo xxii 145

parecchi creditori che avevano a lei affidate merci per i bisogni della famiglia, oblazionai che, verificati e liquidati cotesti crediti, sarebbero i creditori risarciti.

Dopo tutti i sopradetti accordi e le sopradette opposizioni contestate, seguitai a soccorrere la famiglia come poteva, attendendo la ventura ricolta; e tutto feci senza mai discorrere di dividere mio fratello Gasparo da noi, colla speranza che gli animi a poco a poco si raffreddassero e si calmassero. Speranza vanissima.

La insistenza de’ miei nuovi sistemi, che tendevano a distruggere le anteriori libere direzioni, a levare gli anteriori disordinati domini e le oscure amministrazioni, non fece che irritare maggiormente le furie.

Espressi in una urbana scrittura estragiudiziale intimata alla madre, al fratello, alla cognata e alle sorelle, con risoluzione che, se la famiglia non passasse alla villa, come aveva tante volte pregato, io non era piú in grado di caricarmi di debiti per sostenerla in una metropoli, massime dovendo soffrire a’ magistrati delle molestie e delle spese in controversie co’ miei stessi commensali congiunti. Mi si rispondeva come s’io favellassi con de’ simulacri. Le citazioni della madre, della cognata, delle sorelle volavano. Gli sgarbi e gl’insulti crescevano. La mensa era divenuta una bolgia infernale, da esser descritta da Dante.

Per tutte queste irragionevoli ragioni una fratellanza, che internamente si amava, offuscata da’ diavoletti della discordia, spirava combustione, odio e vendetta.

Provai a sottrarmi col fratello Almorò da’ dardi che mi si scagliavano alla mensa, dalla minestra sino al formaggio, specialmente da una madre che doveva rispettare. Feci apparecchiare una picciola mensa per noi due in una stanza separata. Trovai ch’era con violenza, non so da chi, stata sparecchiata la tavola, adducendo che la tovaglia, i tovaglioli, i tondi, le tazze, tutto era di ragione della dote di mia madre, e che se ne volessi me ne comperassi.

Io non dirò se la necessitá o la prudenza o una femminile sopraffazione meschinamente artifiziosa consigliata, m’abbia