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136 memorie inutili


Conosceva male il carattere di mio fratello Francesco, e sperando d’avere in lui un buon appoggio ero malissimo appoggiato.

Senza essere ingiusto, egli era d’un istinto di formica diligentissima per se medesimo soltanto. D’un esterno affabile, d’un interno politico attento a non disgustare nemmeno una mosca, incapace di far fronte a’ disordini per il bene comune, per non avere nimici, aveva la sola mira del di lui particolar interesse e di far nascere una divisione senza chiederla, per porsi al possesso del patrimonio a lui spettante. Egli non s’adattava poi a riflettere colla mente né sui debiti che esistevano, né sopra a tre sorelle che rimanevano, né agli imbrogli infiniti e alle guerre che potevano essere suscitate da questa sua brama occulta.

Egli passò alla campagna, si pose in possesso con gli affittuali delle rendite, ed io m’occupai ne’ miei soliti studi con una mansuetudine che dinotava ch’io non voleva disturbare e molestare gli affari, e ch’era pronto a stare a qualunque legge di parsimonia dal canto mio.

Tutte le apparenze morali vogliono che si volesse ravviluppare in un ammasso di tanti imbarazzi ed a tanta disperazione mio fratello Francesco e me, che si riducessimo a una nuova partenza, egli per il Levante ed io per la Dalmazia.

Non ho chi incolpare di queste apparenze, e le menti riscaldate per delle passioni e delle offese che credono d’aver ricevute, meritano piú compassione che accusa.

Le lettere e le commissioni di spedire dal Friuli a Venezia, fioccavano. Mio fratello villeggiatore e ministro voleva mostrare prontezza e non dare disgusti. Senza chieder ragione obbediva, non solo alle commissioni del fratello Gasparo, ma a quelle della cognata e della madre indistintamente. Spediva tutto ciò che gli veniva ordinato, perché gli ordini contenevano de’ ben coloriti pretesti. Nel corso di sette e poco piú mesi egli aveva eseguite tutte le commissioni e s’era felicemente alleggerito dall’intero imbroglio della vendita della ricolta di quell’anno.

Alcune rendite di Venezia, della Bergamasca e della Vicentina, che ascendevano a circa ottocento ducati, erano state riscosse e consunte.