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parte prima - capitolo xiii 95

darle coll’esempio, coll’attenzione, co’ precetti, co’ castighi una buona educazione.

Esclamai quindi verso alla picciola Tonina che aveva nel grembo, che, se ad onta delle mie cure materne, ella dovesse cadere un giorno ne’ tali e tali errori, nelle tali e tali imprudenze, nelle tali e tali scostumatezze, e cagionasse i tali e tali disordini, sarebbe la peggior Tonina del mondo e che in tal caso pregava divotamente il cielo a troncare nelle fascie i giorni suoi.

I tali e tali errori, le tali e tali imprudenze, le tali e tali scostumatezze, i tali e tali disordini cagionati erano a puntino aneddoti notissimi relativi alla Tonina ch’era nel proscenio.

Non vidi a’ giorni miei avere maggior acclamazioni un comico soliloquio del mio.

Tutti generalmente gli spettatori a un punto volsero i loro visi al palchetto della bella Tonina in gala, con la maggior chiassata di risa e il maggior fracasso di picchiate di mani che fosse giammai udito.

Sua Eccellenza generale, che aveva qualche notizia del costume di quella sirena, onorava di sciolte risa il mio non atteso tratto di spirito correttore.

La Tonina rinculò con impeto nel palchetto e fuggí dal teatro bestemmiando il mio soliloquio e il mio nome.

Giunse finalmente Pantalone mio marito, e si terminò la commedia, che nel suo séguito non ebbe poi nulla di piú allegro della scena ch’io feci colla mia fanciulletta.

Non si creda ch’io narri l’avvenimento del mio soliloquio per darmi un’aria di vanto. Quantunque quella giovane discola fosse persona del popolo e cagione di molte sciagure col suo costume odioso, e quantunque lo stesso provveditore generale m’avesse applaudito, mi sono condannato dopo di quell’improvviso estro scenico, d’esser caduto in un’imprudenza e indiscretezza per sostenere una vana comica abilitá. Si dona alla gioventú ciò che non si dona giammai all’etá matura.

Ho detto che dopo la recita erano ordinati un festino e una cena dagli uffiziali e ch’era anch’io della brigata.