Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/99


prefazione. lxxxi

sentazione, avrà riso non poco delle cautele, delle amplificazioni e dei silenzi eloquenti del Conte Gaspare, il quale smussava ogni angolo di una delle satire più personali che si conoscano, tramutando persino la liberissima commedia del fratello in una difesa delle tre solenni unità, dai più stitici interpreti d’Aristotile prescritte al teatro. I lettori hanno qui sott’occhi le Fiabe, ripubblicate integralmente, e giudicheranno. Su quanti scrittori italiani trattarono finora di Carlo Gozzi ho almeno questo vantaggio, che posso risparmiare ad essi ed a me il solito sunto subbiettivo delle Fiabe e non ho altro obbligo che quello d’esporre il più


    sibile il conciliare, sopralutto nello stile: personalità spiccata ed impersonalità popolare. C’è la voce del popolo nel suo libro e c’è il letterato Seicentista.... Il Seicento fu il secolo de’ Napoletani: il Seicentismo fu cosa napoletana; ne’ meridionali è natura, negli altri è sforzo. Quando finalmente ci faremo a studiar sul serio quell’inclito secolo, riconosceremo che il maggior numero di grandi nomi letterari, ch’abbia prodotti, sono di meridionali; meridionali il Marini, lo Stigliani, il Basile, lo Sgruttendio, il Rosa, il Muscettola, il Cortese, il Campanella, il Gravina, che valevano, se non altro, un po’ meglio de’ Chiabrera, de’ Testi, dei Bracciolini, de’ Lemene, de’ Guidi.... Ed i difetti del secolo furono difetti napoletaneschi, difetti d’un popolo che ha più immaginazione che fantasia, più acume ed arguzia che sentimento e passione; il quale rimane con la testa fredda in mezzo agli impeti più selvaggi ed arzigogola e sofistica anche quando sragiona.» Queste acute considerazioni fanno ricordare che il Seicento in letteratura albeggia nel Tasso, napoletano per madre e per nascita, e finisce nel Metastasio, che ha la paternità spirituale del Gravina e che a Napoli scopre, la prima volta, il proprio genio. E l’oracolo delfico di Carlo Gozzi è il Basile.

Masi. f