in vita con l’acqua datale in una delle scarpe di ferro, denota la commedia improvvisa, sostenuta in vita dal socco de’ recitanti piacevoli, il qual socco sa ognuno ch’era la scarpa degli antichi rappresentatori di commedie. Molte altre allegorie si contengono nel portone di ferro che vuol esser unto, nel cane che vuol pane, nella corda, nella fornaia, nelle mutazioni della fanciulla in colomba e della colomba in fanciulla; ma non è tempo nè luogo qui da descrivere ogni cosa minutamente. Solo non tacerò che i due peritissimi attori, i quali rappresentarono il Tartaglia e il Truffaldino e che quivi ebbero le parti principali, mantennero all’improvviso una continua vivacità e grazia in tutte le scene, assecondando l’allegorico sentimento ch’è l’anima di tal qualità di rappresentazioni. Chi tenesse, come fece l’Autore di questa commedia, bene in mente il detto di quell’antico filosofo: ne quid nimis, che noi diciamo: ogni soverchio rompe il coperchio potrebbe aggiungere alla scena anche questo allegorico spettacolo che a noi manca, e che fu sino ad un certo segno la delizia del teatro di Atene e talora una delle più grate rappresentazioni di quello di Francia.1» Così il Conte Gaspare, tre giorni dopo la prima recita dell’Amore delle Tre Melarance. Noto anzitutto il fatto,
- ↑ Gaspare Gozzi, Opere, Ediz. cit. Tom. IX. Gazzetta Veneta N. 99 pag. 199-200-201. Dell’ediz. del 1761 della Gazzetta: N. 103, del Mercoldì, 28 Gennaio 1761.